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19/06/2010

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I GRIFONI TORNANO A CASA

Clicca per Ingrandire Provenienti dal territorio dell’antica Ausculum, l’odierna Ascoli Satriano in provincia di Foggia, le preziose opere in marmo pario ritornano nel loro luogo di origine e saranno collocate nel Polo Museale della Città. Tornano così a casa i preziosissimi grifoni policromi di marmo (foto del titolo; ndr) e altri reperti di straordinario valore, trafugati dai tombaroli e finiti in parte all'estero, in parte negli scantinati dei musei italiani. L’eccezionalità di questa serie di manufatti ha più ragioni: l’alta qualità del marmo, quello cristallino e trasparente scavato in galleria nell’isola di Paro, che i Greci riservavano ai capolavori della scultura; la presenza della decorazione pittorica, così rara nei marmi giunti sino a noi e, soprattutto, la storia del ritrovamento di questi pezzi.

Nel maggio del 2006 il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale rintracciò un gruppo di oggetti nei locali del Museo Civico di Foggia e lo trasferì a Roma a disposizione della Magistratura, nel quadro del procedimento penale relativo al commercio internazionale clandestino di reperti di scavo. L’interesse degli investigatori era stato sollecitato dal fatto che, nel corso di indagini sviluppatesi durante gli anni precedenti, un cittadino italiano aveva ammesso di essere stato a suo tempo partecipe di un fruttuosissimo scavo clandestino svoltosi nel territorio dell’antica Ausculum, l’odierna Ascoli Satriano, nel quale era stato ritrovato sia un gruppo raffigurante due Grifi che dilaniano un cerbiatto, venduto poi a un museo americano, sia una serie di altri oggetti, sequestrati invece dalla Guardia di Finanza di Foggia.

Di qui, dapprima la ripresa del fascicolo processuale aperto nel 1978 a carico del responsabile e, poco dopo, la vera e propria riscoperta dei marmi, prelevati dagli stessi militari dell’Arma il 5 maggio e depositati per gli indispensabili interventi conservativi nel laboratorio di restauro romano della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma. La conferma dello straordinario interesse dei pezzi rimasti a Foggia e la palese corrispondenza fra la descrizione di ciò che era stato trafugato, e venduto, e quanto era conservato sulle coste occidentali degli Stati Uniti spingeva a organizzare un sopralluogo nelle campagne di Ascoli Satriano.

Due fra i pezzi più eccezionali, il sostegno di mensa decorato con Grifi e il ‘podanipter’ (grande bacino con supporto), furono acquistati dal Getty Museum di Malibu che li ha restituiti all’Italia il 2007. Le indagini condotte dopo la restituzione hanno permesso di ricollegare tutti i pezzi, in totale undici più o meno completi, facendone ipotizzare un’unica provenienza da un contesto funerario dauno della seconda metà del IV secolo a.C.: questi elementi marmorei sono infatti accomunati sia dalla particolare tecnica di lavorazione, la tornitura, sia dalla presenza della decorazione policroma. Le analisi di laboratorio hanno poi confermato la pressoché medesima varietà di marmo, proveniente dalle cave greche più prestigiose.

Tutti i manufatti sembrano rappresentare una versione particolarmente monumentale e finora del tutto sconosciuta di un ‘servizio’ funebre le cui forme richiamano molto da vicino la raffinata ceramica italiota del IV secolo a.C. ed esemplari in bronzo. In particolare, il grande cratere marmoreo non solo conserva tracce di policromia, ma anche l’impronta in negativo di una decorazione in oro riconosciuta come motivo vegetale a foglie d’edera; il supporto da mensa è unico nel suo genere e la sua iconografia - due Grifi che uccidono un cervide - si rifà sicuramente a modelli orientali. Infine, il ‘podanipter’, tipico bacile per uso cerimoniale, mostra ancora al suo interno la splendida scena del trasporto delle armi di Achille da parte delle Nereidi che cavalcano mostri marini: un’iconografia coerente con la sua destinazione d’uso.

Proprio il ‘podanipter’ presenta interessanti elementi di affinità, per forme e cromia, con le pitture del Sarcofago delle Amazzoni, uno dei più alti esempi della pittura magno-greca del IV secolo a.C.. Tutto ciò a testimoniare la qualità dei manufatti che componevano questo complesso funebre, destinato con tutta probabilità a un membro dell’élite dauna.

FUNZIONE DEGLI OGGETTI = In assenza di dati sul rinvenimento, nulla di certo può essere affermato a proposito della collocazione originaria di questo eccezionale insieme. L’ipotesi più probabile è che si tratti del corredo di una tomba a camera databile nella seconda metà del IV sec.a.C.. In questo contesto il ‘podanipter’, nel quale la delicata decorazione pittorica indica una funzionalità assai ridotta, potrebbe essere stato utilizzato per la sola cerimonia funebre, come contenitore dell’acqua lustrale.

L’incavo praticato nella parte superiore del cratere fa pensare che potrebbe essere stato usato come cinerario, ipotesi rafforzata dalla presenza della corona aurea applicata alla vasca con l’intento di esprimere l’eroizzazione del defunto. L’appartenenza a una sepoltura monumentale spiegherebbe anche la presenza delle due mensole, riferibili a un letto funebre, come testimoniano in ambito greco analoghi elementi ornamentali su sostegni di klinai e seggi.

I MARMI E I COLORI = Le indagini petrografiche e geochimiche hanno consentito di identificare i marmi con cui sono realizzati gli oggetti. Si è infatti evidenziato che la maggior parte dei manufatti è di marmo proveniente dalle cave di Stephani (isola di Paros), le mensole dalle cave di Lefkes, sempre dell’isola di Paros, mentre il sostegno con grifi risulta essere di marmo di Afrodisia. I marmi sono decorati con una variegata gamma di colori: il rosso, il rosso-violaceo, l’azzurro, il rosa, il bianco, il beige, il giallo, il verde, il marrone. La decorazione del ‘podanipter’ fornisce indicazioni sul procedimento pittorico: le figure sono state realizzate attraverso un disegno preparatorio con una linea di contorno diversa nello spessore e nel tono, evidente nel corpo degli animali e nel volto e nella veste della Nereide meglio conservata.

Le indagini specialistiche hanno permesso di identificare i pigmenti utilizzati per dipingere i reperti di Ausculum. All’infuori della jarosite e della natrojarosite (giallo chiaro) compaiono tutti i colori documentati nella pittura del bacino del Mediterraneo: la cuprorivaite (blu egiziano o azzurro pompeiano) negli azzurri, il cinabro e l’ematite nei rossi, la cerussite e il caolino nel bianco, la malachite nel verde, mentre il giallo nella tonalità dorata è prodotto con la goethite. Il violetto è dato da una lacca composta da un colorante di origine vegetale, la robbia, probabilmente estratta dalle radici della Rubia tinctorum, assorbita su calcite.

I colori sono utilizzati per lo più puri, la tonalità dipende dal grado di macinazione. Le sovradipinture sono presenti essenzialmente nel ‘podanipter’ (nero su blu, bianco su rosso) dove vanno a delimitare bordi o effetti di chiaroscuro. L’utilizzo del cinabro, della cerussite e della malachite è segno di una decorazione pregiata. Anche la scelta del legante pittorico accomuna buona parte dei marmi di Ascoli Satriano: colla animale e caseina sono utilizzati nella pittura del cratere a calice, del sostegno e delle mensole. In tutti i manufatti la pellicola pittorica risulta applicata in un unico strato, direttamente sulla superficie del marmo variamente levigata e lucidata.

LE FORME = Gli oggetti sequestrati, depositati per studio e restauro nei laboratori della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, hanno permesso di ricomporre otto forme di vasi costituiti dalla sovrapposizione, per semplice incastro, di elementi separati, realizzati con la tecnica della tornitura e dipinti. I vasi non presentano alcuna cavità interna, tranne il cratere, e imitano recipienti da mensa utilizzati per versare liquidi (oinochoai e epichyseis), allo stato attuale senza confronti nella produzione in marmo ma corrispondenti a esemplari di ceramica largamente diffusi nella produzione ellenistica dell’Italia Meridionale. Appartengono a forme note, anche in marmo, il recipiente per acqua (loutrophoros) che rimanda a vasi funerari attici del V-IV sec. a.C. e il cratere per il vino.

IL BACINO PODANIPTER CON NEREIDI = Anche il bacino su supporto è realizzato a mano libera senza l’uso del tornio. Richiama un tipo di bacile in bronzo che caratterizza i più sontuosi complessi tombali dell’Italia meridionale, utilizzato sia nei banchetti sia nelle cerimonie sacrificali. L’interno è dipinto con la scena del trasporto da parte delle Nereidi delle armi di Achille, forgiate da Efesto su richiesta di Teti, madre dell’eroe. Delle tre figure in groppa a mostri marini, separati da altrettanti delfini che inseguono pesci più piccoli, è ben leggibile solo quella che reca lo scudo; le altre portavano rispettivamente l’elmo e la spada.

La rappresentazione del trasporto delle armi da parte di figure femminili è ampiamente diffusa nella decorazione della ceramica, soprattutto apula, a partire dai primi decenni del IV secolo anche perché prefigura un momento importante nell’ideologia delle élites italiche: l’armamento del guerriero da parte di una donna, forse la moglie. La decorazione del podanipter manifesta un chiaro legame con le pitture, probabilmente di origine tarantina, del sarcofago delle Amazzoni (IV sec. a. C.) conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

IL SUPPORTO DA MENSA CON I GRIFI = Il sostegno di mensa, realizzato in marmo di Afrodisia, raffigura una coppia di Grifi nell’atto di dilaniare un cerbiatto. Le grandi ali mascherano gli elementi di sostegno della mensa non conservata. Il motivo ripropone su grande scala uno schema iconografico noto a partire dalla tradizione figurativa orientale attraverso classi di materiali diversi, in particolare su oggetti di arredo. Nella vivacità cromatica spicca l’ampio uso del giallo, sugli animali. Il verde, di cui restano tracce sulla base, evoca il contesto naturale della scena, mentre la tonalità tenue del rosa sottolinea le narici del cervo e l’attacco delle piume al corpo dei grifi.

IL CRATERE E LA CORONA D’ORO = Il cratere è stato realizzato a mano libera, senza l’uso del tornio. La vasca era decorata con una corona aurea con foglie e bacche d’edera, applicata a parte, della quale sono rimaste tracce sul marmo, riapparse dopo una laboriosa opera di restauro che ne ha consentito la ricostruzione virtuale. La base e il sostegno del cratere conservano evidenti tracce della decorazione dipinta a motivi geometrici.


 Ufficio Stampa Comune di Ascoli Satriano

 

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