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29/04/2010

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ACQUA PRIVATA ACQUA PUBBLICA: UNA BUFALA MEDIATICA

Clicca per Ingrandire Sulle pagine web di Agienergia, Antonio Sileo* rivela il grande equivoco venutosi a creare intorno alla “privatizzazione dell’acqua” e chiarisce (alla buon’ora) l’ingarbugliata, almeno all’apparenza, questione. Ve ne proponiamo una sintesi “per capirne di più”.

“Morte di una gara annunciata”: queste le parole che, parafrasando il titolo del celebre romanzo di Márquez, rischiamo di dover scrivere tra qualche mese. Già, perché dal 19 novembre 2009 quando fu approvata, con l’apposizione della questione di fiducia, la legge n. 166/2009 (di conversione, con modificazioni del decreto-legge 25 settembre 2009 n. 135, Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee) si è scatenata un’incredibile corsa al rogo, culminata il 24 e 25 aprile scorsi con l’inizio della raccolta firme per i tre quesiti referendari sulla “ripubblicizzazione” (?) dell’acqua. Peccato che, come ha già scritto su la voce.info Antonio Massarutto, di acqua pure grande esperto, quella della “privatizzazione” è una bufala mediatica che neppure il geniaccio di Orson Welles avrebbe saputo realizzare meglio.

E la circostanza che siano così tanti gli attori, più o meno direttamente, coinvolti non fa altro che aumentare il sospetto che più di qualcuno sia in mala fede. In ogni caso, quello che si vorrebbe introdurre è la (semplice) messa a gara del servizio. Ciò non vuol affatto dire che si non si possa mantenere la proprietà pubblica delle imprese, ma solo che queste ultime devono dare prova di valere almeno quanto quelle private. Né va dimenticato che le imprese pubbliche che non hanno nulla da invidiare a quelle private, non sono poche.

È vero però che insieme a tante imprese pubbliche efficienti, ce ne sono altrettante che non brillano. Ed è anche vero che le aziende private, spinte dalla ricerca di profitti, a parità di efficienza molto probabilmente chiederanno prezzi più alti di quelle pubbliche. Ma proprio la cosiddetta concorrenza “per il mercato” (si tratta, infatti, di un’attività svolta in regime di monopolio naturale), con l’affidamento del servizio tramite gara, sarà occasione di confronto dove emergeranno le imprese più efficienti, pubbliche o private che siano. E non ci dovrebbe essere nemmeno bisogno di ricordare che i soggetti privati partono svantaggiati proprio perché dai prezzi devono ricavare sufficienti margini di profitto.

Inoltre oltre a consentire - per situazioni eccezionali - la cosiddetta gestione “in house” (affidamento diretto; ndr), viene data la possibilità di evitare il ricorso a procedure competitive a evidenza pubblica (le gare, per l’appunto) se si costituiscono società a partecipazione mista pubblica e privata dove al socio industriale (privato) sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento. Non c’è, quindi, l’obbligo di epurazione dell’azionista pubblico, ma viene solo posta la condizione della partecipazione privata, tra l’altro scelta con gara, per il mantenimento dell’affidamento diretto.

Quest’ultimo è forse il punto più debole della norma, ma non senza criterio. Vi sono, infatti diversi studi, sull’Italia e non solo, che dimostrano come le imprese a capitale misto siano più efficienti di quelle totalmente pubbliche. Naturalmente (iniziare a) intervenire sui meccanismi di affidamento non risolve i tanti problemi che affliggono il settore, ma almeno è un (buon) inizio. Indispensabile un corretto regolamento sulle modalità con cui verranno fatte le procedure competitive. Cosa che non dovrebbe essere particolarmente complicata. Più ostica invece la questione della regolazione di settore.

Quello del ciclo idrico è un settore industriale caratterizzato da costi fissi, affondati per lunghissimi periodi, dove non si può prescindere da garanzie sui ricavi. Un settore dove i diversi parametri economici in gioco (investimenti, oneri finanziari, tariffe, costi operativi ammessi) necessitano di periodici aggiustamenti che devono tener conto di un elevato numero di eventi futuri. E, sotto questo fondamentale aspetto, la proprietà delle aziende non rileva affatto.

Antonio Sileo

* Svolge attività di ricerca presso l'Istituto di Economia e Politica dell'Energia e dell'Ambiente (Iefe) dell'Università Bocconi, tra i costitutori del Centro Studi per i Servizi Pubblici e l'Energia (Cese) al Politecnico di Bari, è research fellow all’Istituto per la competitività (I-com). Docente in materie energetiche e ambientali in master e corsi di alta formazione, notista energetico, è fondatore e direttore della rivista scientifico-divulgativa on-line “Politiche energetiche e ambiente”.

 agienergia.it/

 

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