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09/03/2010

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ARTE RAFFINATA NEI DIALETTI GARGANICI

Clicca per Ingrandire "Bbèlla, te vu’ mbarà a fa l’amóre": è il primo verso di un “sonetto” con singolari istruzioni per imparare a fare l’amore a dare il titolo al volume di Leonarda Crisetti Grimaldi. Il canto, già reso noto dai “Cantori di Carpino”, è uno dei tanti del repertorio musicale ancora vivo in tutto il Gargano. La raccolta di canti e storie di vita contadina, a tratti sorprendente, smentisce il preconcetto della donna del Sud succube delle convenzioni sociali: «Bella, se vuoi imparare a fare l’amore, prendi la paletta e vai in cerca del fuoco. Va’ a casa dell’innamorato, prenditi due ore di spasso e giochi. Se (poi) tua madre s’accorgerà dei baci , (tu le dirai) che sono state le faville del fuoco... (Bbèlla, te vu’ mbarà a fa l’amóre,/pìgghiete la palètta e vva’ pe ffòche. / Vaje a lla casa de lu nnammurate / Pigghiete dóje ore de spasse e jóche. / Se mammeta ce n’addóna de li vascë, / sò state li frajèdde de lu foche)».

Protagonista è la donna. Una donna lucidamente conscia dei problemi della vita, ma che non vuole rinunciare all’amore, di cui ha appreso fin da piccola la raffinata “arte” della seduzione. «Sono andata in giro piccolina per imparare le cose del mondo. Ho imparato come si comincia a fare l’amore (So gghiuta cammenanne piccolina / Pe mbararme li cose de lu munne. / Li cóse de lu munne l’aje mbarate: /Accòme ce ccumènza a ffà l’amore) ». Un disponibile iniziatore è il suo innamorato, ma il sentimento d’amore verrà ben presto “sepolto” dai problemi di tutti i giorni, quelli economici. Essi si presentano subito, già al momento della comunicazione ufficiale ai parenti: l’ambasciata.

«L’amore comincia con suoni e canti e finisce con l’ambasciatore (L’amore ccumènza cu ssóne e ccande / e cce ffuniusce cu ll’ambasciatóre)». Le estenuanti discussioni con cui le famiglie definivano minuziosamente il contratto dotale, che trovava una sistemazione giuridica nei capitoli matrimoniali, poco hanno a che fare con le dolci promesse che l’amante prospetta alla sua amata. La donna associa l’amore al matrimonio, l’uomo sembra invece correlare l’amore al piacere, e al sesso: se lei troverà il modo di lasciargli la porta aperta, egli potrà consolarsi fra le sue bianche lenzuola.

«Che bell’ambasciatore sarei io! Quando tua madre ti manderà a chiudere la porta, fingi di chiuderla e lasciala aperta. Verso la mezzanotte, senza preoccuparmi se piove o nevica, verrò a coricarmi nel tuo bianco letto, mi stringerò al tuo petto e mi consolerò (Chè bbèll’ambasciatóre che ffurrija / Quante màmmeta t’ammija a sserrà la pòrta, / fa mbègna ca la sirre e lla lasse apèrta. / Quante jè llu tire de la medzanòtte / Ne mme cure ca chióve e mmènsa fiòcche, / me vènghe a ccrucà nd’a ssu gghianghe lètte / m’abbrazze a llu tuo pètte e mme chenzóle) ».

Molto accorato è un canto, soffuso di tristezza, che nasce da un amore gentile, appassionato, rafforzato dalla lontananza. Il “cantatore” invoca una rondinella e le chiede un favore: desidera una delle sue eleganti piume, per poter scrivere una missiva d’amore. Vuole intingere la penna nel proprio sangue e sigillare la lettera con il suo cuore. Invoca la rondinella affinchè porti velocemente il messaggio d’amore alla sua donna.

«Rondinella che vai per il mare. Voltati indietro e fammi un favore: vorrei strapparti una penna elegante per scrivere una lettera al mio amore. La scriverò con il mio sangue. E per sigillo metterò il mio cuore. Parti rondinella, va dal mio amore. E va’ a dirle quattro parole... (Rondinella che vvaje pe lu mare, / vòltete ndiètro e famme nu faòre, / quanda te sciòppe na pènna lejande, / quanda scrive na lèttra a llu mi’ amóre. / Tutta de sanghe la vòglie stambare. / E ppe sseggille ce vò mètte lu core. / Pàrtete, rondinèlla, va’ dal mi’ amóre / E valle a ddicere quattre paróle)».

I cantatori e le cantatrici di Cagnano Varano appartenevano ai ceti popolari. Erano generalmente i pastori che intonavano sonetti e “mannuètte”; erano le raccoglitrici di olive e le braccianti che cantavano a distesa gli stornelli durante le varie fasi del lavoro. Nondimeno nei loro canti riecheggiano motivi “cortesi” tipici della scuola poetica siciliana o del dolce stil novo. Con una fondamentale differenza: è la donna a lodare le celestiali “qualità” dell’amato.

«Alza quegli occhi, giovane galante / perchè io possa ammirare la bellezza del tuo viso / Tu somigli a due viole bianche / Anzi, a un fiore del paradiso. / Bello, a chi somigli? /Alla sfera del sole, a un fresco giglio. / Bello, a chi puoi essere paragonato? / Alla sfera del sole, quando splende in alto (Avèza quidd’occhj, giuvinotte galante, / C’ài vède li billizzi di lu tuo visu, / Tu sumigghje a doi viole bianche, / O puramènte a lu fiore di lu paravisu. / E guarda, bèllu, a chi ti rassumigghi? / A la spèra di lu solu, a ‘nu friscu ggigliu. / E guarda, bèllu, a chi ti à ssumigghiate? / Alla spèra di lu solu, quannu jè luvate)».

Questi canti popolari oggi sono divenuti gli archivi del popolo, l’espressione del suo cuore (Herder). Con il venir meno di chi li ha prodotti, e tramandati nel tempo, sono a rischio di estinzione. Leonarda Crisetti Grimaldi, consapevole del rischio, li ha raccolti e trascritti, talvolta corredandoli dei relativi spartiti musicali. Ha restituito piena dignità letteraria a centinaia di canti anonimi. La sua ricerca inquadra questi canti in un preciso contesto, quello di Cagnano Varano, paese tra terra, mare e lago, già indagato nel secolo scorso da ricercatori di tradizioni popolari come Saverio La Sorsa ed Ernesto de Martino e da etnomusicologi come Alan Lomax e Diego Carpitella, che depositarono i nastri registrati durante le “campagne” di ricerca della musica popolare del Gargano presso gli Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, a Roma. Cosa resta oggi di quei canti e di quelle melodie?

Il repertorio raccolto dalla Crisetti è ancora ricchissimo, gli “informatori” attuali, che registrano un’età dai 60 ai 90 anni, hanno dato segno della vitalità di questi canti che permane intatta nella loro memoria. I versi, tramandati di generazione in generazione, trasmettono, oltre a motivi tematici decisamente originali, un repertorio linguistico talvolta scomparso nella comunità dei parlanti garganici, come sottolinea nella prefazione Francesco Granatiero, esperto di dialettologia, che ha aiutato la Crisetti anche nella trascrizione dei testi. A Cagnano Varano, come nel resto della Puglia, persistono repertori linguistici prelatini, termini di origine longobarda, francese, spagnola, voci slave.

Ma il dialetto del Gargano si conferma capace di arte raffinata, di una lettura stravolta, quasi in falsetto, del classico strambotto: è poesia tout court. E’ musica colta.

Teresa Maria Rauzino

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