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15/02/2010

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DA “ANUBI” AGLI SCIACALLI MODERNI

Clicca per Ingrandire Abitavano le “città dei morti”, per la loro abitudine a nutrirsi di carogne e carcasse animali. Forse per questo gli Egizi, usi a individuare il divino in ogni espressione della natura, vollero identificare in uno sciacallo il dio Anubi, signore della morte e dell’oltretomba. Nobilitandone i tratti iconografici e immortalando un’eleganza canina, di fatto poco consona alla specie. Ma al di là dei papiri o delle incisioni geroglifiche, col tempo “sciacallo” è stato sempre più usato nella terminologia denigratoria, per qualificare persone senza alcun senso morale che traggono in qualche modo giovamento dalle difficoltà e disgrazie altrui.

Immagini drammatiche provenienti da Haiti, scossa e falcidiata dall’inclemenza del sisma, ce ne riportano alcuni linciati e sfregiati, per essere stati colti con “le mani nel sacco”. Mentre solo qualche mese fa esercito, polizia, carabinieri e volontari hanno a lungo presidiato le macerie a L’Aquila e dintorni, per evitarne incursioni e razzie all’ombra delle tenebre notturne.

Allo sciacallo classico, tipico delle desertiche lande africane, e a quello sciagurato che si aggira fra le disgrazie e la disperazione, da qualche tempo fa da complemento una versione decisamente più moderna, che potremmo definire da paese avanzato. E’ un ramo da salotto, dal sonno leggero, che la notte non sogna ma, come le iene, ride. Uso ad annidarsi in contesti di tutto rispetto, i suoi presìdi preferiti risultano essere le banche, le assicurazioni, gli ospedali, gli ordini professionali, le periferie o i viali notturni delle grandi città. E poi ancora i traffici e le reti distributive dei pusher, della pedofilia e soprattutto dell’usura.

Come se non bastasse l’evoluzione della specie, in una sorta di perverso processo darwiniano, se ne registra il passaggio al fatidico livello superiore. Sono, infatti, sempre più frequenti e manifesti i devastanti effetti di attacchi e scorrerie ad opera di “sciacalli delle istituzioni”. La loro sfera di azione si concentra nell’indebolimento costante dell’assetto organizzativo fondamentale dello Stato. Soprattutto nei pilastri di tenuta sul versante dell’equilibrio dei poteri, delle garanzie e dei limiti all’esercizio dell’autorità. Un assalto rabbioso alla diligenza, immaginata da Charles Louis de Montesquieu, metafora di un’architettura democratica repubblicana, incastonata con arguta e saggia lungimiranza nei principi generali di una Carta Costituzionale tra le più moderne al mondo.

E’ inquietante come l’assembramento di tanta famelicità in Italia, negli ultimi anni, si sia sempre più radunato lungo i confini sbiaditi della prateria Protezione Civile. La cui organizzazione dà abbastanza l’idea di una corte faraonica. Così come dovrebbe indurci a più di una riflessione sapere che gli stessi Egizi vollero chiamare Anubi: “Il Signore degli Occidentali”.

Antonio V. Gelormini

 Redazione

 

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