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23/04/2008

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IL CONTENUTO DELLA SENTENZA DI TAR PUGLIA GATTA-PIGNATELLI-PECORARO SCANIO

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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA -

Sul ricorso numero di registro generale 464 del 2008, proposto da:
Giacomo Diego Gatta, Francesco Tavaglione, rappresentati e difesi dagli avv. Enrico Follieri, Ilde Follieri, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco in Bari, via Pasquale Fiore, 14;


CONTRO
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio in Persona del Ministro P.T., Ente Parco Nazionale del Gargano, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distr.le Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97; Regione Puglia in Persona del Presidente P.T.;


nei confronti di

Ciro Pignatelli;


e con l'intervento di

Comune di Isole Tremiti in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dagli avv. Ignazio Lagrotta, Isabella Loiodice, con domicilio eletto presso Isabella Loiodice in Bari, via Nicolai 29;


per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- del decreto del 26.2.2008, DEC/DPN/289 con il quale il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha revocato il Presidente dell’Ente Parco Nazionale del Gargano dall’incarico conferito con D.M. DEC/DPN/1 119 del 14.6.2004; ha sciolto il Consiglio Direttivo dell’Ente Parco Nazionale del Gargano i cui componenti sono stati nominati con decreti ministeriali DEC/DCN/442 del 13.5.2004, DEC/DPN/86 del 3.2.2004, DEC/DPN/1 471 del 28.7.2005; ha conseguentemente revocato dalle funzioni in atto i componenti dèll’organismo consiliare; ha nominato il dr. Ciro Pignatelli Commissario straordinario dell’Ente Parco Nazionale del. Gargano, investendolo per la durata di mesi 6 e comunque non oltre la nomina degli organi di gestione, delle funzioni riservate al Presidente ed al Consiglio direttivo del Parco;

- della nota prot. DPN-2008-5088 del 27.2.2008, del Dirigente della III divisione del medesimo Ministero, con cui è stato trasmesso il decreto impugnato;.







Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio in Persona del Ministro P.T.;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ente Parco Nazionale del Gargano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 09/04/2008 il dott. Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO -

Con ricorso tempestivamente e ritualmente notificato l’avv.to Giacomo Gatta ed il sig. Francesco Tavaglione, questo ultimo in qualità di membro del Consiglio Direttivo dello stesso Ente Parco, hanno impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe a mezzo dei quali il Ministro dell’ambiente e tutela del territorio ha revocato l’incarico conferito all’avv.to Gatta, di Presidente dell’Ente Parco Nazionale del Gargano, ha sciolto il Consiglio Direttivo dell’Ente medesimo, adottando poi i conseguenziali provvedimenti necessari alla prosecuzione della attività dell’Ente.

I provvedimenti indicati in epigrafe sono stati gravati con gli articolati motivi che in appresso saranno esaminati, avverso i quali resistono il Ministero dell’Ambiente e l’Ente Parco Nazionale a mezzo della Avvocatura dello Stato.

Alla Camera di Consiglio del 09/04/2008 il ricorso è stato trattenuto a decisione ai sensi dell’art. 21 comma 10 L. 1034/71, attesa la completezza del contraddittorio e la non necessarietà di procedere ad istruttoria.

DIRITTO -

Con un primo motivo di doglianza i ricorrenti censurano gli impugnati provvedimenti per violazione dell’art. 94 Cost. e della direttiva impartita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri l.h.2/59222/430 del 25/01/2008: il provvedimento 26/02/2008 del Ministro dell’ambiente, che ha revocato l’incarico di Presidente del Parco a suo tempo conferito all’avv.to Gatta e che ha sciolto il Consiglio Direttivo, è stato adottato dal Ministro Pecoraro Scanio il giorno successivo a quello in cui il Governo Prodi ha rassegnato le proprie dimissioni al Presidente della Repubblica, ed è stato quindi adottato in violazione della prassi costituzionale che vuole il Governo dimissionario impegnato solo nel disbrigo degli affari correnti, ai quali non può ricondursi il provvedimento in esame. Questo ultimo, in ogni caso, si pone anche in violazione della circolare del Presidente del Consiglio del 25/01/2008, con la quale sono state impartite a Ministri, Vicepresidenti del Consiglio e Sottosegretari direttive in merito allo svolgimento delle rispettive funzioni, segnatamente segnalando: 1) che “Il Governo rimane impegnato nel disbrigo degli affari correnti nell’attuazione delle determinazioni già assunte dal Parlamento e nella adozione degli atti urgenti. Dovrà in particolare essere assicurata continutà della azione amministrativa, con particolare riguardo ai problemi della occupazione, degli investimenti pubblici ed ai processi di liberalizzazione e di contenimento della spesa pubblica”; 2) che “potrà procedersi soltanto a nomine, designazioni e proposte strettamente necessarie perché vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, ovvero derivanti da esigenze funzionali, non procrastinabili, per assicurare pienezza e continuità all’azione amministrativa. Ogni nuova iniziativa in merito dovrà essere preventivamente sottoposta all’assenso del Presidente del Consiglio al fine di garantire uniformità di comportamenti.”

Il motivo è fondato.

Va al riguardo osservato, in primo luogo, che la circolare della Presidenza del Consiglio 25/01/2008 non menziona in alcun modo gli atti di revoca di incarichi ministeriali né di scioglimento o decadenza di organi di nomina ministeriale, e già questa circostanza induce a ritenere che tali atti non possano essere annoverati tra quelli di “disbrigo degli affari correnti” : la circolare, infatti, menziona solo gli atti di nomina e designazione, i quali non sono equiparabili agli atti di revoca e decadenza dalle funzioni. Gli atti di nomina e designazione, invero, ampliano la sfera giuridica del soggetto nominato senza provocare, in sé e per sé, effetti lesivi a carico di altri soggetti; ciò nonostante essi, a tenore della circolare in esame, non possono ritenersi attività liberamente esplicabile dal Governo dimissionario, e ciò deve far riflettere. La ragione che ha indotto la Presidenza del Consiglio a mettere dei “paletti” alla attività di nomina e designazione di organi sta evidentemente nella circostanza che tale attività è connotata da alta discrezionalità ed é, come tale, manifestazione dell’orientamento politico del Governo: da ciò l’evidente non opportunità che atti di tal sorta possano essere adottati da un Governo o Ministro prossimo alla cessazione di ogni funzione, al fine di evitare che la reggenza di organi più o meno strategici, per le finalità dello Stato, possanono essere retti da persone invise all’Esecutivo che succede.

Ma se la circolare della Presidenza del Consiglio, avallando una nota prassi costituzionale, ha riconosciuto la non opportunità di procedere a nomine e designazioni ministeriali non assistite da effettiva e comprovata urgenza e necessità, essa ha evidentemente, per quanto implicitamente, riconosciuto anche la non opportunità di tutti quei provvedimenti con i quali l’Esecutivo, in data posteriore alle proprie dimissioni e fuori da quei “paletti”, metta sé stesso in condizione da dover procedere a nomine e designazioni altrimenti non necessarie, e cioè a prescindere da quei “paletti” posti dalla Presidenza per gli atti di nomina e designazione: si deve pertanto ritenere che la circolare della Presidenza del Consiglio del 25/01/2008, benché silente in materia di atti di revoca o decadenza di organi, li abbia implicitamente consentiti circostanziandoli, pure essi, ai soli casi di evidente urgenza, che nel caso di specie, come si vedrà in appresso, non ricorre.

A prescindere dal contenuto della circolare della Presidenza del Consiglio va poi detto che la prassi costituzionale, che vuole il governo dimissionario impegnato solo nel disbrigo degli affari correnti, trova fondamento giuridico nella constatazione che in tal caso il governo opera in regime di prorogatio e che perciò, come tutti gli organi che operano in regime di prorogatio, la sua attività si deve contenere alla sola ordinaria amministrazione:, alla attività, cioè, necessaria e sufficiente ad assicurare la continuità della azione amministrativa.

Orbene, per quanto concerne specificamente la attività di vigilanza svolta dai Ministeri su determinati enti ed organi di nomina ministeriale, essa si esplica con atti che possono integrare, alla volta, ordinaria o straordinaria amministrazione. Segnatamente, la revoca e/o decadenza di organi precedentemente nominati dal Ministero non può di per sé considerarsi atto di ordinaria amministrazione – ovvero: disbrigo di affare corrente – perché è per natura connotata da un giudizio di riprovevolezza o sfiducia per il soggetto revocato/decaduto e perché essa comporta inevitabilmente la vacanza di un organo alla quale, volendovi porre rimedio in tempi brevi, si può far fronte solo nominando un soggetto sostitutivo con procedure accelerate, come tali non necessariamente idonee a garantire la individuazione della persona più adatta a rivestire la funzione. Tale nomina sostitutiva è poi normalmente transitoria, e quindi comporta un avvicendamento, nell’organo, che normalmente nuoce alla efficacia della sua azionesua efficienza, la quale viene ancor più compromessa ove – come nel caso di commissariamento – si abbia la riunione di più organi in un unico soggetto con sostanziale scomparsa di uno di essi (in questo caso del Consiglio Direttivo) .

Di tanto tenuto conto, ritiene il Collegio che non si possa assolutamente affermare che la revoca o la decadenza di un soggetto da una funzione costituiscono manifestazione di “normale attività di vigilanza”, proprio perché, invece, creano una situazione drammatica nell’ambito dell’ente nel quale l’organo revocato o decaduto opera. La revoca e la decadenza appartengono alla patologìa della azione amministrativa, non certo alla fisiologìa, e come tale rappresenta un evento non normale, auspicabile solo in caso di effettiva e comprovata urgenza e necessità. Pertanto, ove una siffatta urgenza e necessità non sia riscontrabile, a revoche e decadenze un governo o ministro dimissionario non debbono far luogo.

Ritiene poi il Collegio che nel caso di specie il provvedimento impugnato non sia stato determinato da effettiva necessità ed urgenza: tanto è possibile affermare in base alla constatazione che i rilievi che hanno determinato il Ministero a revocare l’incarico conferito all’avv.to Gatta ed a sciogliere il Consiglio Direttivo, quali indicati partitamente nella comunicazione di avvio del procedimento (generale disordine amministrativo; mancata predisposizione degli atti di pianificazione; necessità di adeguare il regolamento di contabilità; mancata attivazione del controllo di gestione; mancato conseguimento di alcuni obiettivi; mancato esperimento di procedure ad evidenza pubblica per la individuazione della tesorerie o per il conferimento di incarichi esterni; necessità di procedere all’accertamento dei residui attivi e passivi; mancata applicazione di clausole poste a garanzia della corretta esecuzione di contratti; mancata registrazione di contratti di comodato; inattività assoluta nella riscossione di sanzioni amministrative; necessità di regolamentare la gestione dei beni mobili ed immobili dell’Ente; tenuta disordinata della documentazione ed incompletezza dell’archivio dell’Ente; mancata presentazione del programma di gestione per l’anno 2004; mancata rendicontazione dei programmi approvati) riguardano situazioni: che non si sono originate di recente;, che, per lo più, non possono trovare soluzione nel giro di pochi giorni né in un paio di mesi; che,, né, soprattutto, non appaiono idonee a provocare un repentino aggravamento della situazione economico-finanziaria-patrimoniale dell’ente commissariato o degli interessi che l’Ente Parco è deputato a tutelare. : iInsomma si tratta di una situazione che non appare essere in tale rapida evoluzione da doversi ritenere che l’unica strada possibile per evitare un imminente pregiudizio è quella di togliere di mezzo i presunti responsabili della situazione stessa e da ritenere quindi improcrastinabile la decisione di rimuoverli dalle loro funzioni. E non a caso su tale punto – e cioè sulla probabile precipitazione degli eventi – il provvedimento impugnato non spende una parola.

Per i motivi sovra esposti il Collegio ritiene quindi meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso, ravvisandosi nell’atto impugnato la divisata violazione del principio per cui il governo dimissionario deve limitarsi al disbrigo degli affari correnti nonché, comunque, anche delle direttive impartite daella circolare del Presidente del Consiglio 25/01/2008.

Merita accoglimento anche il terzo motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti si dolgono per essere stato il provvedimento ministeriale del 26/02/2008 adottato in mancanza di una effettiva intesa con la Regione Puglia, e ciò in violazione dell’art. 9 comma 3 L. 394/91, il quale dispone che “il Presidente è nominato con decreto del Ministero dell’Ambiente d’intesa con i presidenti delle Regioni o delle Province autonome di Trento e Bolzano nel cui territorio ricada in tutto o in parte il Parco Nazionale”.

Posto che, come chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale 351/91, la norma in esame contempla una ipotesi di codeterminazione di Stato e Regione, tanto da potersi parlare di atto complesso nato dalla fusione di due volontà, è evidente che la revoca dell’atto stesso non può essere disposta unilateralmente da uno solo dei soggetti che hanno concorso alla formazione dell’atto da revocare: al proposito si deve ricordare che l’art. 21 quinquies L. 241/90 ha definitivamente codificato il principio per cui alla revoca dell’atto può procedere solo lo stesso organo che ha emanato l’atto, salvo che diversamente non preveda la legge, e ciò rende indiscutibile che alla revoca del Presidente dell’Ente Parco si debba oggi procedere solo mediante intesa tra Ministro e Regione competente per territorio.

Nel caso specifico questa intesa effettivamente non sussiste: per il fatto che la Regione Puglia non ha manifestato alcuna volontà al proposito. Si legge infatti nella nota 29/01/2008 del Presidente della Regione Puglia (doc. 5 di parte ricorrente): “Si concorda con la volontà di assumere misure straordinarie ed urgenti al fine di interrompere la sequenza di inadempienze, evidenziate dalle strutture ministeriali, ascrivibili alla attuale gestione del Parco. Si ritiene tuttavia che l’applicazione di tali misure prospettate non richiedano l’intesa prevista dal precitato art. 9 comma 3 L. 394/91: si è dell’avviso, difatti, che tale intesa occorre laddove debba procedersi alla nomina del presidente del parco, ovvero nel caso in cui – nell’esercizio della potestà di autotutela – si intenda ritirare siffatto provvedimento in quanto affetto da vizi propri oppure per ragioni di opportunità. Nel caso prospettato, invece, il Ministro – a seguito della attività di vigilanza compiuta dalle proprie strutture – ha riscontrato inadempienze ascrivibili all’attuale gestione del Parco del Gargano. In ragione di tali inadempienze il commissariamento dell’ente che il Ministro vorrà disporre produrrà la decadenza del presidente e del consiglio direttivo del Parco del Gargano. Distinti saluti. On. Nichi Vendola”.

L’atteggiamento assunto dal Presidente della Regione Puglia nella vicenda portata alla attenzione di Questo Tribunale non è univoco , e benché sulla revoca dell’incarico all’avv.to Gatta e sullo scioglimento del Consiglio Direttivo egli esprima un parere favorevole, è di solare evidenza che il Presidente della Regione Puglia ha voluto chiamarsi fuori, evitando accuratamente di assumersi la responsabilità della decisione. Pertanto, nonostante l’apparente concordanza sulla decisione, non si può assolutamente ravvisare nella nota 29/01/2008 prot. 686/58 del Presidente della Regione Puglia l’espressione della volontà di provocare la destituzione degli organi del Parco Nazionale del Gargano quale effetto della propria co-determinazione. L’intesa sulla revoca del Presidente, richiesta dal combinato disposto degli artt. 9 comma 3 L. 394/91 e 21 quinquies L. 241/90, è quindi assente.

Meritevole di accoglimento é infine anche il quinto motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti censurano gli impugnati provvedimenti per difetto di motivazione in ordine alle ragioni per cui il Ministero ha “ESCLUSO, dopo attenta disamina del contenuto delle formulate osservazioni e controdeduzioni, che siano emersi elementi e circostanze idonei a consentire, alla luce di quanto già rappresentato con le anzidette note di comunicazione di avvio del procedimento, la perdurante attività si deve escludere che le note pervenute al Ministero dagli interessati, consentano la perdurante operatività dei suddetti organismi, avuto riguardo alla riscontrata presenza di una pluralità di profili problematici – relativi alla attività di indirizzo e programmazione, nonché allo svolgimento delle funzioni gestionali – da questa amministrazione rilevati, a carico degli organismi stessi, nel corso dello svolgimento dell’attività di vigilanza ad essa istituzionalmente demandata.”.

Ora, si può anche ritenere che l’amministrazione procedente non sia tenuta a confutare analiticamente tutte le deduzioni ed osservazioni degli interessati all’atto di assumere un provvedimento ad essi sfavorevole; ma la ragione del motivo per cui tali osservazioni debbono essere disattese non può tradursi in una affermazione tautologica, cioè nella mera ripetizione delle ragioni esplicitate in un momento anteriore a quello in cui gli interessati sono stati messi in condizione di formulare rilievi: il che è esattamente quanto accaduto nel caso di specie. La motivazione del provvedimento finale deve contenere un riscontro che dimostri: sia che i rilievi sono stati effettivamente letti, sia che sono stati esaminati, sia, infine, che sono stati elaborati ed effettivamente presi in considerazione: tanto si impone onde non vanificare, nella pratica, le garanzie procedimentali. Ma al fine di consentire un adeguato sindacato stragiudiziale e giudiziale dell’atto, la motivazione del provvedimento finale deve anche dare conto, sia pure per sommi capi, delle ragioni per cui i rilievi degli interessati vengono ritenuti non idonei a determinare un atto di contenuto diverso.

Nulla di tutto ciò è stato fatto con il provvedimento impugnato, la cui motivazione sul punto, sopra riportata, avrebbe potuto essere scritta indipendentemente dal contenuto delle note degli interessati, e perciò non è idonea a dimostrare l’avvenuto rispetto delle garanzie procedimentali né l’immanenza, nella decisione finale, di una adeguata ponderazione dei contrapposti interessi.

Ritenuti meritevoli di accoglimento i sovra esaminati motivi, le ulteriori censure - con le quali vengono prospettati vizi di procedura (mancata assunzione di pareri, insussistenza di una effettiva intesa da parte della Regione, difetto di motivazione) e viene altresì contestata la fondatezza dei rilievi ministeriali, sia nel merito sia sul presupposto che essi hanno ad oggetto funzioni gestionali che non competerebbero ad un organo di indirizzo qual è il Presidente dell’Ente Parco - possono ritenersi assorbite.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo per la Puglia – Bari, sezione III, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla ill decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 26/02/2008, DEC/DPN/289.

Condanna il Ministero medesimo al pagamento delle spese processuali in favore dei ricorrenti, che si liquidano in E. 155.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 09/04/2008 con l'intervento dei Magistrati:



Amedeo Urbano, Presidente

Giacinta Serlenga, Referendario

Roberta Ravasio, Referendario, Estensore







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/04/2008

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

 Tar Puglia - REDAZIONE

 

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