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14/01/2010

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MURI DI GOMMA CHE OCCULTANO LA VERITA

Clicca per Ingrandire Sabato 16 Gennaio, alle 18, presentazione del libro di Gianni Lannes "Nato: colpito e affondato" nella Libreria Rinascita di Roma. La storia raccontata è quella di cinque uomini, un cane e un peschereccio che il 4 novembre 1994 finiscono in fondo al Mare Adriatico. Ancora oggi (con l’eccezione del corpo di un solo membro dell’equipaggio) giacciono sul fondale, a 247 metri di profondità, ma andare a recuperarne i resti risulterebbe troppo costoso per la collettività, dicono i magistrati, e dunque occorre accontentarsi... La verità è ancora seppellita nei fondali dell’Adriatico. Coperta dal segreto di Stato.

Il Libro = Il 30 ottobre del 1994 il motopeschereccio “Francesco Padre” salpa dal porto di Molfetta. Cinque uomini, Giovanni Pansini, Luigi De Giglio, Saverio Gadaleta, Francesco Zaza e Mario De Nicolo, sono impegnati in una battuta di pesca. Con loro c’è anche Leone, il cane-guardiano dell’imbarcazione. Poi, il 4 novembre, davanti alla costa dell’ex Jugoslavia (oggi Montenegro) il peschereccio esplode in una delle notti più movimentate del conflitto balcanico. La magistratura, il 17 dicembre del 1997, archivia frettolosamente il caso: per la giustizia i cinque marittimi erano trafficanti d’armi. Poi la Cassazione conferma la sentenza e il nome e la vita di questi cinque uomini vengono infangati per sempre.

La tragedia insabbiata del Francesco Padre (edizioni la Meridiana, Molfetta 2009, pp. 224) è il tentativo del giornalista Gianni Lannes di ricostruire la verità di questa “Ustica del mare”. Le amnesie, gli errori, le omissioni e manomissioni del caso sono contenute nel saggio di Lannes che dà spazio anche alle verità rimaste inascoltate. Ma la città e la marineria locale non hanno mai digerito la verità di Stato. A coprire d’infamia i cinque marinai, le loro famiglie e tutti i lavoratori del mare molfettesi il sospetto emerso in sede processuale che sul motopeschereccio vi fosse un illecito trasporto di materiale esplosivo che, di fatto, ne avrebbe provocato l’esplosione.

A offendere maggiormente la memoria la mancanza di risposte certe, il rifiuto dell’autorità competente al recupero del relitto, l’onta alla memoria. Ma, a onor di cronaca, quello specchio di mare era teatro di un’esercitazione militare della Nato denominata “Sharp Guard”, e non era neanche la prima volta che ignari marinai si trovavano coinvolti in episodi militari. Forse per il “Francesco Padre” qualcosa è andato storto. L’occultamento e poi la distruzione dei resti non umani rinvenuti, la decisione di non recuperare il relitto e, infine, il segreto di Stato che aleggia sulla vicenda inducono a riflettere.

“Nei reperti bruciati nella campagne di Terlizzi - scrive Lannes - c’erano le prove della strage targata Alleanza atlantica; c’erano i vestiti di quegli uomini uccisi in mare nel ’94; le loro cose di ogni giorno di lavoro del ’94. In una parola: reperti, ossia oggetti, pezzi di legno, tiranti metallici sforacchiati di pallottole Nato, effetti personali. Insomma frammenti di uno sconosciuto manoscritto che nessun collegio peritale ha voluto decifrare in modo univoco e definitivo”.

Oltre alle carte del processo, alle ricostruzioni raccontate e alle ipotesi, il saggio si sofferma sulle voci inascoltate dei testimoni, di altri pescatori che quel giorno, o in circostanze simili, avevano avuto a che fare con la Nato. E così Domenico De Gennaro, comandante del pescherecchio Sirio, racconta che soprattutto in quel periodo gli incontri con gli uomini dell’Alleanza atlantica erano frequenti: “Il 30 novembre il motopesca 'Modesto' fu mitragliato da un elicottero francese. Proprio nella zona dove fu affondato il 'Francesco Padre' un sommergibile della Nato ci ha strappato le reti nel 1995. Ci risarcirono i danni dicendo di non dire niente a nessuno”.

Come le dichiarazioni di De Gennaro, sono decine le storie analoghe raccontate da marittimi, comandanti e motoristi. “Questo libro - spiega l’autore - racconta come ammazzarono cinque uomini e un cane; come le blasonate divise dell’Us Navy affondarono nottetempo il Francesco Padre”. Come Ustica, le vicende della P2, la strage di Bologna e il Moby Prince. La stagione del segreto di Stato prosegue. E il giornalismo d’inchiesta, come nel caso di “Nato: colpito e affondato”, cerca disperatamente di abbattere quel vergognoso muro di gomma che occulta la verità.



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