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20/12/2009

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PRIMA DI TUTTO… LA PERSONA UMANA

Clicca per Ingrandire “Can I help you?” è la prima frase al telefono che la nostra segretaria lancia subito dopo il saluto. Deve aver imparato dagli inglesi. Questa espressione, infatti, la ritrovi qui ad ogni angolo: “Posso aiutarla?” Se la sentono rivolgere all’improvviso, colti di sorpresa, anche tanti italiani che capitano qui a Londra e in un modo o nell’altro si sentono perduti. Basta un volto interrogativo, un ansioso guardarsi attorno o un gesto inutilmente ripetuto. e qualcuno si avvicina, lanciandovi un sorridente “can I help you?” Prendendo, poi, tutta la flemma possibile per restare con voi a risolvere insieme il problema. Un altro mondo, un altro stile si direbbe. Da noi spesso si corre via svelti, ognuno per gli affari suoi senza accorgersi a volte di qualcuno in difficoltà.

Ormai sotto Natale, mi domando che cosa significhi questa differenza culturale, nascosta in una piccola frase recitata automaticamente. I semiologi ci insegnano a guardare i segni e scoprirvi, sotto, le forze direttrici. A scoprire, in fondo, al di là della punta emergente di una traccia anche linguistica un iceberg nascosto: il senso. Questa innocente domanda significa porsi in un gradino più sotto dell’altro per mettersi a suo servizio. Farsi suo servitore. Paradossalmente, invece, si tenderebbe a fare proprio il contrario: si sale un gradino più in alto... Se si fa parte di una istituzione questa tenderà a darvi la sicurezza e la solidità che essa possiede, a farvi diventare spesso il pezzo di una struttura più che l’anello di una relazione.

“Che cosa vuole?” mi sento perentoriamente chiedere a volte in patria, presentandomi in un ufficio. Altro modo di interpellare per un servizio. Ma il personaggio da tanti segni mi fa capire di rappresentare una istituzione e la sua onnipotenza alla quale, semmai, spetta concedervi qualcosa.

Nel mistero del Natale una rivoluzione copernicana nei nostri rapporti ci è richiesta. D’altronde, ciò mi fa ricordare ancora i miei vecchi studi all’università. In Italia ognuno era al suo posto preciso, in un spirito di ordine caro a Confucio: noi studenti da un lato e i professori universitari dall’altro e... tanto di cappello! Poi all’università francese, invece, quale non fu la mia sorpresa di vedere alla prima lezione il professore scrivere il suo telefono alla lavagna, per essere meglio a nostra disposizione, “come lo è la bibliografia, la biblioteca e gli altri professori: al centro siete voi e il vostro progetto!” sottolineava sicuro. Scoprire, così, dei professori universitari a nostro umile servizio!

Il vangelo aiuta a capire meglio questa rivoluzione: prima di tutto viene la persona umana. Ed è quando il Cristo chiede a Pietro di sostenere la fede dei suoi fratelli e a questi la fede della folla che li seguiva. Si sostiene, infatti, ponendosi in un gradino più in basso. Siamo come di fronte a una piramide, ma posta all’inverso: il papa, così - che dal tempo di Gregorio Magno è il“servus servorum Dei” il servitore dei servitori, - sostiene i suoi più stretti collaboratori, i vescovi, questi i loro sacerdoti e questi ultimi il popolo a loro affidato. Stupenda immagine, dove al di sotto di tutti si pone il responsabile più grande, anzi il Cristo stesso, fondamento della fede vissuta da ognuno.

La prima preoccupazione è così spostata dalla struttura al servizio della persona e alla sua realizzazione. Per questo ogni istituzione sarà continuamente assillata da un’unica domanda: “Come meglio servirvi?!” E ciò dimostrerà dove si trova il suo vero centro di gravità: in se stessa o nell’altro che è chiamata per vocazione a servire. Perfino Dio, un giorno, si mise a servizio dell’umanità, nascendo tra gli uomini: era per far prendere coscienza a ognuno della propria grande dignità. A cominciare dai pastori, uomini perduti nel mondo animale ai margini estremi della società. E fu Natale.

Renato Zilio


 Redazione

 

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