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20/12/2009

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FIUMI DI PAROLE

Clicca per Ingrandire Quando il malanimo collettivo si nutre di malafede è giocoforza identificare nella crisi un castigo divino. Il dio della collera è irritato da una colpa non condivisa in pari misura da tutti. Per scongiurare il disastro bisogna scoprire il colpevole numero uno e condannarlo, ovvero «offrirlo in voto» alla divinità collerica. Ne "Les animaux malades de la peste", La Fontaine racconta che i primi a essere interrogati, nella favola, sono le bestie feroci. Essi descrivono bonariamente il loro comportamento di animali da preda che è immediatamente giustificato. L'asino (il Tartaglia di turno) è investigato per ultimo ed è lui, il meno sanguinario che, da psicolabile, si vede alla fine designato alla parte di persecutore.

Il meccanismo del capro espiatorio nutre nei persecutori la credenza granitica della colpevolezza della loro vittima designata ed essi vivono la loro condizione di prigionieri dell'illusione persecutoria come un autentico sistema di rappresentazione. Imprigionati da un inconscio persecutorio, oggi siamo abili come mai a identificare i capri espiatori altrui, ma incapaci di scoprire i nostri. Tutti noi siamo fermamente convinti di nutrire soltanto inimicizie legittime, ma in effetti il mondo intero è zeppo di capri espiatori. L'illusione persecutoria impazza più che mai, a volte tragicamente, altre in una modalità più soft. Il nostro acuito discernimento si applica per scoprire in ogni occasione capri espiatori individuali e collettivi. L'idea che una folla, o persino un'intera società, potesse essere aizzata a rinchiudersi nella prigione delle proprie illusioni persecutorie era quasi inconcepibile prima del predominio della società dello spettacolo che ha rieditato una nuova versione di piazza in chiave mass-mediatica.

La caratteristica peculiare di ogni crisi è la modalità in cui essa altera i rapporti umani. Si attiva una dinamica di cattiva reciprocità al rilancio senza più necessità di cause esterne per alimentarsi. Se gli agenti persecutori saranno tutti mossi dalla stessa credenza nella potenza malefica della loro vittima unanimemente invisa, essi polarizzeranno effettivamente tutti i veleni, le tensioni e le ritorsioni che inquinano i loro rapporti. Il primo capro espiatorio designato porrà fine alla crisi, azzerandone le conseguenze interpersonali in virtù del meccanismo della proiezione di ogni distorsione sulla vittima. Il capro espiatorio influenza soltanto i rapporti umani squassati dalla crisi, ma tutti crederanno che modifichi anche le cause esterne, sia una crisi politica, economica, epidemica o altra eventuale calamità oggettiva. Certo, i capri espiatori non guariscono né le vere epidemie, né le calamità sociali e naturali in genere.

Il capro espiatorio tradizionale conserva il suo potere esplicativo per i primi stadi di una crisi. Solamente per gli stadi successivi si può riconoscere la presenza di un fenomeno propriamente patologico. L'ampiezza del disastro finisce per scoraggiare la tesi unica del complotto dei persecutori.

Nelle società primitive oggetto di studio etnologico la presenza di un vulnus suscita per ciò stesso il sospetto che siano state infrante le norme fondamentali della comunità. Il termine primitivo definisce quanto nel nostro sistema perpetua credenze e comportamenti persecutori di tipo mitologico. Se un gruppo si ritiene completamente manipolato è perché arriva a ritenere responsabile delle pubbliche sciagure la vittima designata alla funzione di capro espiatorio, investito quale unica causa agente. L’inversione totale dei rapporti tra persecutori e loro vittima collettiva completa un ciclo di variazioni che rende possibile il ritorno alla normalità grazie a un duplice transfert. Il trasgressore dell’ordine sociale si ritrova trasformato in restauratore e il massimo delinquente diventa un pilastro del nuovo ordine. Peccato che questo accada solo nei miti, mai nelle persecuzioni storiche.

Maria Mattea Maggiano

 Redazione

 

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