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14/12/2009

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CHE STRAZIO (+ AGGIORNAMENTI: LE POLEMICHE - LA "SEPOLTURA" - SI CERCANO I PERCHE - ANALISI DI TERRANOSTRA)

Clicca per Ingrandire Non s'è potuto fare nulla, se non vederli morire. E' stato impossibile salvarli. Il loro peso schiacciava gli organi, e i polmoni. Potevamo solo bagnarli. Abbiamo valutato tutte le possibilità. E' un evento eccezionalissimo, non è mai successo uno spiaggiamento di massa sulle nostre coste. Forse l'unica cosa che si sarebbe potuto fare era non farli soffrire troppo a lungo.

Uno ad uno sono morti tutti (foto del titolo e 3 sotto, OndaRadio; ndr). Non sappiamo se abbiano sofferto, possiamo solo immaginarlo. Un fatto drammatico. Un fatto grave che necessita di chiarimenti! E' un fatto drammatico, perché si tratta di animali di grande importanza biologica che vivono fino a 80 anni, raggiungono l'età sessuale a 20 anni e hanno una gestazione molto lunga, per questo la perdita di sette esemplari adulti è un evento disastroso. Non è un bel segnale per il nostro mare. E per noi.

Ma siamo davvero sicuri di non avere colpe? L'inquinamento chimico, elettromagnetico, le attività estrattive, i sonar, non c'entrano proprio nulla? Non siamo attrezzati come in America. Cosa ce ne frega dei capodogli? Abbiamo altro a cui pensare. Queste sono alcune delle voci che abbiamo letto e sentito durante le operazioni di salvataggio.

I sette capodogli, nel frattempo, sono tutti morti a causa dei danni riportati nello spiaggiamento, riferiscono i tecnici. Come a dire, sono morti perchè si è fermato il cuore. Ovvio no? Ma non è che questa è stata solo la fine della morte? Iniziata molto prima? Innescata chissà quando dalla nostra cecità verso una natura che cinicamente e continuamente disprezziamo?

Che strazio, tonnellate di strazio!

Sulla triste fine dei capodogli la sensibilità del presidente del Centro Studi Naturalistici, Vincenzo Rizzi, lo ha sollecitato a scrivere una “lettera aperta”. Di seguito il testo.

“Dal primo pomeriggio di giovedì 10 dicembre presso il tombolo di Varano (Fg), in un tratto di costa di tre chilometri, si è verificato lo spiaggiamento di sette esemplari di capodoglio (Physeter macrocephalus) di circa dodici metri di lunghezza. Come Centro Studi Naturalistici siamo stati allertati dal Direttore del CNR (ISMAR) di Lesina. Dopo una nottata movimentata passata al telefono a sollecitare e avvisare i vari enti, la mattina di venerdì 11 tre esemplari risultavano ancora vivi mostrandosi relativamente vitali dopo circa 24 ore in una condizione di spiaggiamento. Gli altri erano purtroppo deceduti.

Le varie telefonate effettuate, sia da noi che dalla Capitaneria di porto, avevano avuto successo e tutte le autorità locali erano presenti sul sito dello spiaggiamento. Dopo una breve consultazione si è deciso "forse sbagliando" di aspettare l´arrivo degli esperti del Ministero dell´Ambiente che, solo in seguito, abbiamo scoperto essere dei volontari del Centro Studi Cetacei, privi di mezzi e dell´autorità necessaria per intraprendere le eventuali operazioni di recupero di grossi cetacei che, nel caso specifico, potevano pesare dalle dieci alle venti tonnellate.

Insomma, per farla breve, abbiamo scoperto che il Ministero dell´Ambiente non ha protocolli, non ha attrezzature, non ha personale preparato per emergenze di questo tipo... La morale di questa nefasta giornata è stata che, malgrado la ferma volontà sia nostra sia delle centinaia di pescatori locali, di tentare di recuperare i tre esemplari, le istituzioni nazionali da Roma (e sottolineo da Roma, telefonicamente) hanno deciso che gli animali dovevano morire. A peggiorare la situazione è utile sottolineare l´immediatezza della risposta: il responso dei saggi ministeriali è arrivato dopo 24 ore dallo spiaggiamento.

Mi rendo conto che le probabilità di successo di un´operazione delicata come questa poteva essere sicuramente bassissima, ma è anche vero che la mancanza di dati non ci permette di escludere la possibilità di un eventuale recupero. Inoltre, gli esemplari si presentavano, esteriormente, in un buono stato fisico e lasciarli agonizzare sulla battigia significava ovviamente morte sicura. In ogni caso tale operazione avrebbe sicuramente aumentato le conoscenze su questa specie, tenuto conto che tale spiaggiamento, per il numero di esemplari coinvolti, è per il momento un evento unico in Italia. Nella serata di ieri (12 dicembre; ndr) duedue giganti erano ancora vivi, a testimoniare le inesattezze dei presunti tecnici ministeriali.

A conclusione di questo mio sfogo faccio un caloroso invito al Ministero dell´Ambiente a pubblicare un po´ meno iconografie e a operare concretamente in difesa del nostro patrimonio ambientale. Intanto, l´unica cosa che siamo riusciti a ottenere è quella di recuperare tutti e sette gli scheletri (magra consolazione).

Vincenzo Rizzi

GLI AGGIORNAMENTI = Dall’ufficio stampa dell’Italia dei Diritti riceviamo e pubblichiamo.

"Sulla vicenda dei cetacei morti sulle spiagge pugliesi non possiamo che censurare l'operato del Ministro Prestigiacomo che annunciava l'avvio di una squadra speciale a tal proposito". Queste le prime parole del responsabile per il Lavoro e l'Occupazione dell'Italia dei Diritti Giuseppe Criseo alla notizia del licenziamento dei ricercatori precari dell'Ispra - Istituto per la ricerca ambientale - al ventesimo giorno di protesta sul tetto della sede di via di Casalotti a Roma. Nonostante la lotta, hanno fornito tutto il loro contributo e le loro competenze nell'avvistamento degli squali in Sicilia e avevano un piano per salvare i capodogli sulle spiagge pugliesi bloccato dal mancato avvio della task force annunciata dal ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo.

Incalza così l'esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro: "Gli intenti e gli annunci non bastano, occorre intervenire concretamente. Gli specialisti esistono e sono coloro che lavorano all'Ispra, ricercatori precari. Dove vogliamo andare se continuiamo su questa strada, senza dare i meriti a chi ha dimostrato il proprio valore sul campo? I ricercatori proseguono la loro lotta e intanto i cetacei muoiono, risultato della politica dell'apparire".

Alle polemiche di Criseo si aggiungono quelle del responsabile per la Tutela degli Animali dell'Italia dei Diritti Marco Di Cosmo: "Mentre i grandi del mondo fanno finta di occuparsi di ambiente a Copenaghen, in Italia i cambiamenti climatici danno già i loro effetti. Ne sono testimonianza i decessi degli ultimi capodogli spiaggiati tre giorni fa lungo il litorale di Foce Varano. Nel frattempo le persone competenti, cioè i ricercatori che ogni giorno si adoperano per monitorare e salvaguardare il più grande patrimonio italiano della biodiversità, vengono bloccate e addirittura licenziate.

“Ciò avviene - aggiunge - perché questo poco lungimirante Governo, anziché tagliare finalmente gli inutili privilegi della casta politica, preferisce fare economia su tutte quelle attività che consentono di produrre non solo posti di lavoro ma di valorizzare il patrimonio ambientale nazionale. A nome dell'Italia dei Diritti - conclude Di Cosmo - esprimo solidarietà alle proteste dei ricercatori poiché chi ci va realmente di mezzo sono gli animali: oggi è toccato ai cetacei ma la lista delle specie a rischio di estinzione ogni anno che passa aumenta sempre di più".

AGGIORNAMENTO 15.12 = Non una cava, per la sepoltura dei capodogli spiaggiati e morti sul litorale di Foce Varano. I lavori per impermeabilizzarla richiederebbero molti giorni. Ora si cerca un'area di un ettaro. Nel corso della seconda riunione del tavolo tecnico tenuta in prefettura, è stato verificato che i lavori necessari per la preparazione della cava, come la impermeabilizzazione, richiederebbero troppo tempo. E invece l’avanzato stato di decomposizione sollecita all’urgenza dello smaltimento. A conclusione della riunione in prefettura è stato dato mandato ai sindaci di Cagnano Varano e Ischitella di individuare un’area, di almeno un ettaro, in cui interrare le carcasse. Gli scheletri, una volta ultimato il naturale processo di decomposizione delle carni, saranno poi recuperati e inviati ai musei che ne hanno fatto richiesta. L’assessore provinciale all’Ambiente, Stefano Pecorella, coordinatore dei lavori, ha precisato: “E’ necessaria una nuova valutazione ambientale - affidata ai sindaci delle zone interessate - di reperire e individuare un’area idonea all’inumazione delle carcasse, in modo da impedire un eventuale inquinamento delle falde acquifere a causa dei liquami dei capodogli. Il nostro principale intento - ha concluso - è di evitare che finiscano in un inceneritore”. La prefettura ha dato inoltre mandato ai sindaci di monitorare tutta l’area interessata a evitare che persone non addette ai lavori possano entrare in contatto con le carcasse dei cetacei.

SI CERCANO I PERCHE’ = Dalla GdM, reportage di Marisa Ingrosso (1), Giuseppe Armenise (2) e Carlo Bollino (3). Il secondo, poi, è strettamente collegato con la vicenda delle autorizzazioni a perforare i fondali dell’Adriatico alla ricerca del petrolio di cui abbiamo già dato notizia (link - http://www.puntodistella.it/news.asp?id=3039)

(1) - S’infittisce il mistero sulla strage di capodogli. Grazie ai primi dati delle autopsie, si scopre che erano tutti e 7 maschi, che erano poco più che «ragazzini» («sub-adulti», il termine scientifico esatto), e soprattutto, pare proprio che fossero in buona salute. Al momento, non c’è malattia o ferita che possa spiegare questo spiaggiamento sul Gargano. A riferirlo è il patologo dell’Università di Padova ed esperto di riferimento del Ministero dell’Ambiente, Alessandro Mazzariol. Secondo lui i cetacei «erano adolescenti in branco. Se avessero raggiunto la maturità sessuale, avrebbero lasciato il gruppo e sarebbero andati, da soli, a cercare la femmina» racconta.

Mazzariol dice che «con le foto delle pinne caudali» si sta cercando «di stabilire con esattezza da dove provenivano, ma ci sono già dei «ricercatori greci secondo cui i capodogli vivevano nel Mar Jonio». Circa il loro stato di salute, pare fossero perfetti. «Non erano magrissimi o obesi - afferma il patologo - erano in buono stato di nutrizione. È vero che abbiamo trovato plastica e corpi estranei (corda, ami e reti) negli stomaci, ma non è nulla che potesse portarli alla morte. Diciamo che, ogni tanto, avevano mal di pancia».

«Comunque - continua - assieme ad altre eccellenti Facoltà di Veterinaria, come quella di Bari, e con l’Istituto zooprofilattico di Foggia, stiamo facendo tutti gli esami: quelli virologici, esami batteriologici, tossicologici, parassitologici, istologici mentre della genetica si sta occupando l’Università di Firenze».
«Gli esami genetici - sottolinea Mazzariol - ci consentiranno di stabilire se i sette capodogli erano imparentati tra loro ».

«Inoltre - dice il patologo - stiamo approfondendo le analisi sulle bolle di gas che abbiamo trovato nelle coronarie». Infatti, non tutti sanno che, se qualcosa li fa spaventare mentre sono negli abissi, i capodogli fuggono a galla così rapidamente da rischiare l’embolia. «Sarà l’Università delle Canarie a dirci di più sull’embolismo - afferma Mazzariol - però il fatto che il gas non fosse in altri organi mi fa pensare che non sia quella la causa dello spiaggiamento».

Allora cosa li ha gettati a riva? Gli esperti dicono che i precedenti sono quasi tutti riconducibili a esercitazioni militari, all’uso di sonar da parte di sommergibili o navi e aerei antisom e ad ispezioni dei fondali. Così, tenendo conto che i capodogli - stando alle testimonianze - si sono arenati il 10 dicembre, andiamo per esclusione.
In primis, lo Stato Maggiore della Marina Militare smentisce categoricamente di aver fatto qualcosa che potesse danneggiare i cetacei in Adriatico o nello Jonio nei giorni e mesi precedenti lo spiaggiamento.

Tra il 25 novembre ed il 13 dicembre è stata autorizzata («bando di pericolosità» della Capitaneria di Porto di Brindisi n° 10) una sola missione d’ispezione dei fondali di Puglia. Si tratta di una missione scientifica olandese che prevede «ispezioni sismiche » tra Gallipoli, Brindisi e Otranto, ma non è precisato se è stato usato un sonar particolarmente potente. Anzi, parrebbe proprio di no.

Nei primi dieci giorni di dicembre ci sono state tre esercitazioni militari di tiro (con spari da terra verso il mare): una nel Poligono Foce Ofanto (circondario marittimo di Barletta); una nel Poligono Torre Cavallo (Brindisi) e una nel Poligono di San Vito (Taranto). Però, di solito, si tratta di tiri con armi portatili, nulla che possa impensierire i capodogli.

Infine, in quei giorni, c’è stato il «predator», l’aereo senza pilota dell’Aeronautica militare, che ha sorvolato il golfo di Manfredonia. Però la Forza Armata garantisce che «quei “predator” non montano sonar o altro, ma soltanto macchine fotografiche». Tutto ciò induce a pensare che la spiegazione potrebbe essere ricercata oltreadriatico.

Intanto, ciò che resta dei giovani giganti va in putrefazione e non si sa ancora come smaltire le carcasse. Pare saranno sepolte in un terreno agricolo nelle campagne di Cagnano Varano. Forse.

(2) - «Il petrolio non c’entra con la strage» Le notizie si inseguono per tutta la giornata. Il fatto è che l’Amministrazione regionale finisce al centro di un fuoco di fila di domande sulle prospezioni geologiche autorizzate dal Ministero dell’Ambiente lungo la dorsale adriatica, al largo delle coste pugliesi al fine di verificare la presenza di giacimenti di petrolio. Potrebbero c’entrare qualcosa con lo spiaggiamento dei cetacei a Lesina? Il primo a non crederci è l’assessore regionale all’Ecologia, Onofrio Introna. A ogni buon conto, e confermando che nessuna documentazione sulle attività in mare è giunta da Roma, dagli uffici regionali parte una lettera indirizzata al ministro dell’Ambiente.

«La Regione - scrive Introna - non ha espresso alcun parere in merito all’istanza di che trattasi, né ha preso parte al procedimento e alle relative valutazioni tecniche in quanto il Ministero dell’Ambiente non ha ancora provveduto alla nomina del rappresentante della regione Puglia nel Comitato nazionale per la Valutazione di impatto ambientale (Via), benché più volte sollecitata. Tanto premesso - chiede Introna - si chiede al Ministero di voler sospendere l’efficacia del provvedimento autorizzatorio inerente il permesso in oggetto per consentire le valutazioni di competenza di questa Regione».

Al di là delle rimostranze sul mancato coinvolgimento nel rilascio della Valutazione di impatto ambientale, nulla di più si sa dunque sull’eventuale avvio di attività da parte della società inglese autorizzata alle prospezioni sismiche attraverso la tecnica dell’air gun. Comunicazioni dell’avvio delle operazioni non risultano giunte neanche agli uffici delle Capitanerie di porto competenti. In serata poi, a sgomberare il campo da qualsiasi ipotesi, è la stessa azienda britannica, la Northern petroleum plc che, attraverso Derek Musgrove, nega recisamente l’avvio di qualsiasi tipo di attività.

«Siamo molto interessati - dice - ma al momento stiamo compiendo solo procedure preliminari, a partire dalla semplice acquisizione di informazioni, e facciamo ogni passo a stretto contatto con gli uffici del Ministero dell’Ambiente. Le attività non cominceranno prima di gennaio, né in questo momento ne abbiamo altre in quell’area. È ovvio che io posso rispondere per la Northern petroleum. Non ho idea di cosa possano fare altre compagnie in zone costiere frontaliere rispetto alla Puglia come ad esempio il Montenegro, la Grecia, l’Albania».

(3) - Erano in sette, molto giovani, pachidermi fragilissimi che si muovevano con gesti silenziosi e austeri in fondo agli abissi. Poi è accaduto qualcosa, come un boato nel loro cervello: hanno iniziato a risalire freneticamente le profondità mettendosi a nuotare con foga, uno dietro l’altro, puntando non più al largo ma verso la costa, su fondali via via sempre più bassi fino a spiaggiarsi, e a morire boccheggianti sul bagnasciuga di Foce Varano. Non sappiamo se sia dipeso dalle variazioni del clima, dall’inquinamento o da qualche aggeggio civile o militare che messo in acqua ha squassato gli equilibri della natura: sappiamo però che la commovente fine dei sette capodogli spirati sul litorale del Gargano una settimana fa, costituisce un evento talmente misterioso e inquietante da meritare chiarezza.

Un massacro che ha coinvolto animali protetti da quattro convenzioni internazionali poiché indicati fra quelli a rischio di estinzione: se attribuibile a colpe umane, la loro morte configura quindi un reato. Curiosamente, però, nessuna procura ha ancora avviato alcuna inchiesta: pare si attendano gli esiti dell’autopsia faticosamente eseguita sui resti dei sette animali. Oltre cento tonnellate di grasso e di carne fra le quali ha scandagliato per giorni alla ricerca della verità un esperto anatomo patologo.

Ora i campioni prelevati sulle carcasse sono finiti sotto i microscopi di cinque centri di ricerca universitari, ma un primo fondamentale indizio già emerge: quando si sono spiaggiate, quelle bestie erano sane. Non è stata la natura quindi a ucciderle: basterà questo a smuovere gli investigatori? Se si attendono i tempi delle burocrazie rinviando ogni indagine alla consegna da parte dei laboratori dei verdetti ufficiali, le prove (se crimine c’è stato) rischiano di scomparire.

Sappiamo, semplicemente spulciando tra le ordinanze delle capitanerie, che in quei giorni dalle coste pugliesi sono partite esercitazioni militari, sappiamo che si sono mosse navi incaricate di condurre indagini sismiche sottomarine, sappiamo che altre attendevano di eseguire studi di profondità alla ricerca di idrocarburi. Alcune di queste attività implicano (o potrebbero implicare) l’impiego di strumentazioni a ultrasuoni notoriamente letali per i sensibili apparati di orientamento dei capodogli.

Quel poco che sappiamo su quanto si verificava nelle acque italiane già inquieta, ma non sappiamo assolutamente nulla di quanto possa invece essersi verificato sull’altra sponda, nelle acque greche, albanesi, montenegrine o croate. Solo la forza di una tempestiva inchiesta della magistratura, capace di estendersi a livello internazionale, può insomma accertare cosa sia davvero accaduto nelle profondità del mare Adriatico al punto da far impazzire quei giovani Moby Dick spingendoli a un innaturale gesto suicida.

Pretendere ora di sapere che cosa li abbia uccisi ha poco a che fare con la pur ammirevole indignazione degli animalisti. È infatti molto di più: è un ineludibile gesto di civiltà.

L’ANALISI DI TERRANOSTRA = Mare Adriatico che accarezza il Gargano quando infuria il Maestrale. “Il 9 dicembre sono stati avvistati 10 capodogli in difficoltà” rivela una elevata fonte militare italiana. Strano. Ma allora come mai la notizia è stata fatta trapelare agli organi di informazione soltanto il 10 dicembre? Cosa ha causato lo spiaggiamento di ben 7 cetacei e la loro morte sull’istmo di Varano? Inquinamento chimico e radioattivo, o inquinamento sonoro? Che fine hanno fatto gli altri esemplari? Tutte le balene potevano essere salvate? Qualcuna si è per caso riversata sul litorale di Vieste? Forse, era in corso un esperimento bellico? C’è un nesso con il recente ritrovamento nelle acque dell’omonimo e adiacente lago costiero (comunicante con il mare attraverso due canali), di tracce consistenti del radionuclide artificiale cesio 137? Esiste un legame con la presenza a poche miglia dal luogo dell’insabbiamento dei cetacei di numerose navi imbottite di veleni chimici, affondate nell’ultimo trentennio (Et Suyo Maru e Panayota senza citarle tutte)?

Proprio dinanzi alla fascia costiera di Capojale e Foce Varano - anticamente una baia marina sulla quale si ergeva la città di Uria - si staglia la minuscola isola di Pianosa, soffocata da numerosi relitti inquinanti e da un tappeto di ordigni inesplosi risalenti alla seconda guerra mondiale e al più recente bombardamento della ex Jugoslavia (perfino all’uranio impoverito e tutti di marca angloamericana). Il fenomeno è ben noto ai tanti governi italiani - anche del centro sinistra - e al padrone Usa.

Non è tutto. Al largo del promontorio garganico alcuni ricercatori dell’Icram, oggi Ispra, hanno riscontrato e segnalato alle autorità (già a conoscenza ma silenti) la presenza di un’area sottomarina - diametro 10 miglia - contenente un numero imprecisato di ordigni convenzionali e chimici, alla profondità di 230 metri. Ancora al largo del Gargano, come è noto allo Stato Maggiore della Marina italiana, all’Us Navy e al Pentagono, a una profondità variabile tra i 200 e i 400 metri su una estensione notevole insiste un’autentica discarica di bombe chimiche inutilizzate.

Basta esaminare i dati dei progetti REDCOD e ACAB per comprendere appieno il disastro ecologico appena annunciato dall’anomala morte di questi nostri fratelli del mare. “Nei capodogli i primi esami hanno rivelato la presenza di embolie gassose” spiegano due cetologi, gli unici esperti che il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, una perfetta incompetente in materia, si è ben guardata dal chiamare in loco. Il nemico numero uno di questo tesoro biologico è l’inquinamento. L’affondo acustico dei sonar militari spaventa i cetacei e li spinge a un a risalita troppo rapida, in cui trovano frequentemente la morte.

I cetacei sono estremamente dipendenti dall’udito per la loro sopravvivenza. Molti esperti sono preoccupati dall’inquinamento acustico causato dalla navigazione, dalle rilevazioni sismiche, dalle trivellazioni per l’estrazione degli idrocarburi, dalle costruzioni marine e dai dispositivi sonar. La marina militare Usa attualmente sta sperimentando dei cannoni pneumatici che sparano sugli abissi onde sonore fino a 270 decibel con intervalli di 20 secondi. La tolleranza acustica massima dei capodogli è di 150 decibel. La Cetacean International Society pubblica bollettini di cetacei uccisi da questo tipo di contaminazione acustica.

Tra l’altro questo organismo scientifico indipendente da lobby economiche e governi ha denunciato una dozzina di esperimenti realizzati in gran segreto nel Mar Ligure. Contaminazione causata non solo dai cannoni acustici calibrati, ma anche dai meno conosciuti Surtass Lfai dell’US Navy e della Nato. Si tratta di sistemi sonori per individuare sommergibili con uso di onde sonore di 250 decibel a bassa frequenza di 450-750 Hz.

“Dopo una nottata movimentata passata al telefono a sollecitare e avvisare vari enti, la mattina di venerdi 11 dicembre, tre esemplari risultavano ancora vivi mostrandosi relativamente vitali dopo circa 24 ore in una condizione di spiaggiamento. Gli altri erano purtroppo deceduti” denuncia Vincenzo Rizzi, presidente del centro studi naturalistici di Capitanata. “Malgrado la ferma volontà sia nostra che delle centinaia di pescatori locali, di tentare di recuperare i tre esemplari, le istituzioni nazionali da Roma e sottolineo da Roma telefonicamente hanno deciso che gli animali dovevano morire” conclude con le lacrime agli occhi uno dei pochi veri ecologisti della Puglia.

Per quale ragione il ministro Prestigiacomo ha decretato la morte a tavolino di questi giganti del mare? Terra Nostra ha interpellato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa per sapere quantomeno se era in corso qualche esercitazione militare nella zona, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Allora abbiamo deciso di andare a fondo nell’indagine giornalistica e abbiamo scoperto che la Capitaneria di porto di Termoli, con l’ordinanza numero 46/09, firmata il 20 novembre 2009 dal capitano di fregata Raffaele Esposito, ha interdetto dal primo al 31 dicembre di quest’anno, un’area marina vicina alla zona di spiaggiamento, per consentire la realizzazione di un’esercitazione dell’Aeronautica militare italiana.

Nel testo si legge: “Lo specchio acqueo centrato nel punto di coordinate latitudine 42°00’00’’ N – longitudine 015°16’00’’ E e per un raggio di 2,5 miglia nautiche, è interdetto a navigazione, ancoraggio, sosta e pesca comunque effettuata, nonché ogni altra attività direttamente e/o di riflesso connessa agli usi pubblici del mare”. E’ davvero strano che i pescatori del Gargano, come i naviganti civili, non siano stati debitamente informati. Come mai l’autopsia - più simile a una gratuita macelleria - condotta dai vivisezionatori dell’università di Padova è stata realizzata sugli ultimi due capodogli agonizzanti (esemplari 6 e 7) e non sui primi cetacei arenati per stabilire le cause della morte?

Il disastro combinato dai macellai universitari è documentato dalle immagini (foto 4): questi animali accademici hanno addirittura banchettato sul luogo della carneficina e si sono pure fatti ritrarre in foto ricordo dei trofei. Il Ministero ambientale ha stanziato 150 mila euro per le balene che attualmente giacciono in putrefazione sul litorale. Un’altra enormità ingiustificata. Il disastroso evento ha dimostrato che il Parco Nazionale del Gargano e il Parco Marino delle Tremiti sono due carrozzoni, anzi due poltronifici, enti incapaci di articolare il benché minimo intervento, alla stregua della Provincia di Foggia coi balbettanti Pepe e Pecorella.

Nel Gargano nonostante convegni e conferenze a spese del contribuente negli ultimi 20 anni, non esiste ancora un osservatorio marino. Le balene sono i nostri antenati evoluti. Queste nobili creature degli abissi non conoscono frontiere, si muovono libere nei mari. Sono la specie simbolo dello stato di salute dei nostri mari. La voce di una balena viaggia fino a 1500 chilometri di distanza: se si ascolta attentamente si comprende che chiede aiuto. Purtroppo gli umani sono la specie più pericolosa sul globo terrestre. (Gianni Lannes - italiaterranostra.it)














 argoiani.blogspot.com (foto 1 sotto e video: fuoriporta.info, foto 2: GdM) + comunicato

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 16/12/2009 -- 10:17:09 -- Carlo

Una risposta doverosa alla lettera al giornale del sig. Toffali. Sbaglia nelle accuse e all'uso delle parole che certo non aiuta a calmare gli animi come auspica il presidente Napolitano, prenda esempio dal "comunista" Niki Vendola che ieri a Ballarò ha fatto un discorso di alto profilo morale usando un linguaggio non violento e pacato come serve in questi giorni difficili.

-- 16/12/2009 -- 17:41:08 -- il direttore editoriale

Solo una precisazione e un consiglio al Sig. Carlo: se il destinatario della Sua risposta non legge questo articolo, non saprà mai come Lei la pensa. E' preferibile, in questi casi, inviare una lettera al giornale (specie come la Sua, educata e civile) piuttosto che occupare uno spazio inadeguato. Grazie.

 
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