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12/12/2009

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CALENA, RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Clicca per Ingrandire Ai piedi di Peschici, ‘perla del Gargano’, nella piana che guarda dal basso le case bianche che si stagliano al sole, si sta consumando un vero e proprio dramma ai danni di uno dei complessi monastici più importanti del Sud Italia, nel silenzio e nell’indifferenza. Giorno dopo giorno Santa Maria di Kàlena perde i suoi pezzi più pregiati, mentre intorno cresce rigogliosa la vegetazione, le capre pascolano in libertà e le auto passano incuranti. Del resto, non è facile accorgersi che, quello che agli occhi dell’avventore appare semplicemente un rudere, era un tempo un autentico gioiello del ricco sistema monastico garganico: nei paraggi, infatti, non c’è un solo cartello che fornisca al passante o al turista questa informazione.

Il destino di Kàlena è purtroppo comune a tanti altri monumenti preziosi della nostra Italia, a rischio di essere perduti per sempre. L’ultima grave notizia è quella del crollo, avvenuto a metà giugno (di quest’anno; ndr), del tetto dell’abside della seconda chiesa, quella più recente nel complesso abbaziale. Un ulteriore colpo che impone di affrettare i tempi in questa situazione sempre più ingarbugliata. Già, perché la prima e più ovvia domanda che verrebbe da porsi è: di chi è la colpa? Difficile trovare una risposta, il bandolo di questa matassa intricatissima che va avanti ormai da anni, fatta di continui rimpalli di responsabilità fra gli attori della vicenda. Proviamo a ricostruire gli ultimi passaggi di questa storia. (Intanto il tam tam per salvare Kàlena è sbarcato anche su Facebook. Per chi volesse aderire e firmare una petizione on line, il link è il seguente: www.ipetitions.com/petition/kalena)

IL CENTRO STUDI GIUSEPPE MARTELLA DI PESCHICI = Baluardo in difesa di Kàlena, l’associazione culturale Centro Studi Giuseppe Martella di Peschici promuove da anni una battaglia per sensibilizzare l’opinione pubblica sullo stato di Kàlena, vigilando come una sentinella e allertando i mezzi di informazione.

«L’abbazia di Santa Maria di Kàlena, in agro di Peschici, in provincia di Foggia, è lo specchio del disinteresse della proprietà nei confronti della tutela e della valorizzazione del patrimonio architettonico in suo “affido” - spiega Teresa Rauzino, presidente del Centro Studi Martella di Peschici - ma è anche lo specchio di una colpevole dimenticanza della Soprintendenza ai beni culturali e architettonici della Puglia, Ente preposto alla tutela dell’abbazia stessa. Gli interventi di recupero, ormai inderogabili, per la sopravvivenza del monumento non sono mai stati imposti alla proprietà che andava obbligata dal 2003, come da normativa, all’esecuzione delle opere necessarie alla reintegrazione del bene culturale. Bisognava fare seguito ad una nota del 23 aprile del 2003 con cui il soprintendente Giammarco Jacobitti rispondeva in maniera rassicurante al Ministero che lo sollecitava ad applicare la normativa della legge 490/99 per l’abbazia di Kàlena: in caso di inottemperanza, il Ministero era tenuto direttamente, d’ufficio, ad attuarlo, notificando le spese all’obbligato. Non lo ha mai fatto perché la Sovrintendenza non ha mai dato seguito alla sua nota del 2003».

Nell’ultimo appello lanciato al ministro Bondi, la Rauzino ricorda, infatti, questo importante strumento normativo. «L’articolo 95 del Codice Urbani prevede l’estrema ratio - aggiunge - ovvero che se c’è un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica di monumento, esso può essere espropriato direttamente dal Ministero per causa di pubblica utilità». Un provvedimento che in realtà può essere adottato anche dalla Regione Puglia. «Perché la Sovrintendenza ha ignorato la legge vigente - si domanda la Rauzino - impedendo al Ministero di procedere alle misure del restauro coatto e dell’esproprio? Perché non ha proceduto con celerità al progetto che avrebbe permesso di utilizzare i 500mila euro stanziati dal ministro Rutelli e azzerati nell’attuale finanziaria perché l’opera non è stata ancora cantierizzata? Crediamo sia giunta l’ora che la normativa dell’esproprio venga finalmente applicata anche per Kàlena, visto che la legge è stata disattesa da anni e che il Consiglio comunale di Peschici ha deliberato di procedere all’esproprio per pubblica utilità dal lontano 2005. Deliberato mai attuato - prosegue - con l’aggravante della perdita di un vecchio finanziamento (del Ministero dell’Economia) di 350mila euro. Chiediamo al ministro Bondi di adoperarsi per l’esproprio immediato dell’abbazia di Peschici. Kàlena non può aspettare oltre. Sta davvero crollando!»

LA RISPOSTA DELLA SOVRINTENDENZA = A questi eventi così gravi e alla massiccia sollecitazione da parte dell’opinione pubblica, la risposta dell’architetto Ruggero Martines, direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, non si è fatta attendere. In data 8 luglio 2009 viene inviata una missiva al sindaco di Peschici Domenico Vecera, in cui si rivolge all’Amministrazione comunale l’invito a “considerare l’opportunità di espropriare il complesso in modo da poterne garantire un utilizzo pubblico”. L’attuale Amministrazione ha sottoscritto una convenzione - della durata di 40 anni - con i proprietari in base alle quale si impegnava a recuperare le due chiese in vista di una fruizione per il pubblico.

Nella lettera di Martines si fa cenno all’ingiunzione ai proprietari ad eseguire i lavori urgenti per la messa in sicurezza e la conservazione delle mura esistenti. Dal momento che non è seguita alcuna azione al riguardo, la direzione regionale del Ministero prova la strada dell’esecuzione dei lavori urgenti “in danno” dei proprietari Martucci, in caso di loro inadempienza ad ottemperare all’ingiunzione rivolta dalla soprintendenza il 22 giugno scorso, suggerendo anche l’esproprio dell’intero complesso di Kàlena.

L’ULTIMO ATTO = L’ultima tessera di questo puzzle è il mandato che il Comune di Peschici ha rimesso nelle mani degli avvocati Mario Follieri di Lucera e Andrea Maggiano di Peschici per sollecitare la famiglia dei proprietari dell’abbazia a fornire le chiavi della stessa, in base all’art. 3 della convenzione sottoscritta proprio tra l’Amministrazione comunale e la famiglia Martucci (che non è stato possibile raggiungere telefonicamente, nonostante numerosi tentativi, nda).

«Se non entriamo in possesso delle chiavi - dichiara l’assessore alla Cultura del Comune di Peschici Leonardo Di Miscia - come indicato e concordato nella convenzione, non possiamo procedere all’inventario dei danni che è indispensabile per poter quantificare l’ammontare dell’intervento da effettuare e adempiere così alla parte della convenzione che abbiamo sottoscritto. Abbiamo deciso di adire le vie legali perché vengano rispettati sia la convenzione che gli accordi già presi. Abbiamo trovato le porte sbarrate».

«Nel settembre del 2008 - spiega l’avvocato Maggiano - è stato firmato questo accordo, ma registrato nel luglio del 2009, che regola i rapporti tra i due sottoscrittori. Ci muoveremo per una composizione amichevole della controversia e dare corso finalmente a questa situazione di stallo che non fa piacere a nessuno».


L’APPELLO DI MONS.D’AMBROSIO = La situazione di stallo che coinvolge Kàlena ha visto spesso prendere la parola anche S. E. mons. Domenico D’Ambrosio che fino a pochi mesi fa era Vescovo della diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, e attualmente è alla guida della diocesi di Lecce. Peschiciano di nascita, D’Ambrosio ha sempre avuto a cuore la questione dell’abbazia di Kàlena. In più occasioni ha fatto sentire la sua voce, rivolgendo un appello a tutti gli attori della vicenda perché si arrivi a mettere la parola fine a una questione annosa. Queste le parole di uno degli ultimi appelli rivolti in occasione della festa di Santa Maria di Kàlena dell’8 settembre.

«Questa sera - ha affermato D’Ambrosio - queste pietre stanno parlando, perché noi stiamo insieme per pregare, per onorare la Vergine Maria. Io sono un inguaribile ottimista, sapete qual è il mio sogno? Non l’ho fatto, ma ve lo dico: che la buona volontà degli uomini, e mi appello agli eredi Martucci, ci faccia un regalo. Poniamo fine a tutta questa diatriba: regalateci le chiese, mettetele a disposizione della Comunità, il Signore che è Provvidenza vi restituirà il centuplo. Ecco, io sto sognando questo, al di là di tutti i problemi che da anni si trascinano. Desideriamo che in questo luogo, così bello, così caro, così ricco di secoli di preghiera e di lavoro in qualche modo, almeno le chiese, possano tornare ad essere luogo di preghiera dove venerare questa stupenda statua della Madonna di santa Maria di Kàlena. Ecco, questa è l’intenzione del Rosario che abbiamo recitato questa sera, questa è l’intenzione dell’Ave Maria che concluderà questa nostra preghiera e poi ci farà venerare brevemente la statua della Madonna e ritornare alle nostre case».che tutto crolli

UN PO’ DI STORIA = Il complesso abbaziale di Kàlena è uno dei più antichi d’Italia. Non si conosce l’anno esatto della sua costruzione, ma quasi certamente venne eretto prima dell’anno Mille. Questo antico cenobio benedettino, oggi abbandonato a se stesso, un tempo aveva una notevole influenza anche fuori dal Gargano. Secondo un atto di donazione del 1023, il vescovo di Siponto donò l’ “Ecclesia deserta in loco qui vocatur Kàlena, cuius vocabulum est sancta Maria” all’abbazia di Tremiti, fornendo tutte le necessarie pertinenze: un orto, una vigna e terreni da coltivare che permettessero ai monaci benedettini di poter vivere senza problemi, trasferendosi in terraferma.

Per prendere coscienza dell’entità del prestigio di Santa Maria di Kàlena, occorre solo ricordare che nel 1420, quando era già in declino, i beni in suo possesso consistevano in circa trenta chiese del Gargano Nord, con relative pertinenze di mulini, case, terre, oliveti, diritti di pesca sul Lago di Varano e diritti feudali sulla città di Peschici e sul Casale di Imbuti. Fu contesa dai potenti monasteri di Tremiti e Montecassino, ma riuscì a restare indipendente fino al 1445, quando fu inglobata definitivamente a Tremiti, sotto i Canonici Lateranensi.

Si tratta di un complesso unico nel suo genere, assai interessante dal punto di vista storico, architettonico e artistico che porta i segni stilistici delle maestranze che circolavano in Europa nel Medioevo. Non bisogna dimenticare, infatti, che il Gargano era meta di un ‘ricco’ traffico di pellegrini e crociati verso la Terrasanta che percorrevano la “Via Sacra Langobardorum”, simile nel prestigio alla più celebre “Via Francigena”, che aveva come meta finale Monte S. Angelo e la Grotta di San Michele. È certo che l’abbazia di Santa Maria di Kàlena accolse molti pellegrini, famosi e non, che sbarcavano sui litorali del Gargano Nord per recarsi al Monte dell’Angelo.

I redditi derivanti dalle numerose donazioni dei fedeli le servirono indubbiamente per assolvere degnamente a questa funzione di ospitalità. Secondo lo studioso Giuseppe Martella i monaci benedettini coltivavano in un esteso orto botanico innumerevoli varietà di erbe officinali, proprio per curare i pellegrini bisognosi di cure e di ristoro.

Enza Moscaritolo

 “Art. Ventuno” sett. ’09

 

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