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02/11/2009

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STATO ITALIANO, CATTIVO PADRONE
Clicca per Ingrandire Coi fondi europei dell'Obiettivo Uno, previsti nel programma di “Area Vasta - Capitanata 2020”, si potrà ripristinare l’autentico splendore delle due chiese della peschiciana Abazia di Kàlena che la famiglia Martucci, proprietaria del complesso, dopo una decennale controversia, nel settembre dello scorso anno ha ceduto in fruizione per 40 anni al locale Comune. Riuscirà la nostra Abazia a diventare il fiore all'occhiello dell'offerta turistica di Capitanata, dopo essere stata per decenni caso emblematico della sorte di numerosi altri monumenti dimenticati della provincia di Foggia?

Un’ombra di dubbio giunge a incrinare le nostre speranze nell’apprendere che l’altro famosissimo sito storico regionale pugliese, Castel del Monte, quantunque di proprietà demaniale e nella gestione della Soprintendenza ai beni archeologici e attività culturali di Bari, versa in tale stato di “estremo degrado” da indurre la principessa Yasmin Aprile Von Hohenstaufen, che si proclama discendente diretta di Federico II di Svevia Hohenstaufen, a chiederne la restituzione con un telegramma spedito, comunque, a due padroni sbagliati: il Comune di Andria e la Regione Puglia.

Infatti il maniero federiciano e le sue pertinenze, patrimonio Unesco, sono di proprietà del demanio essendo stati acquistati dallo Stato italiano nel 1876 (costo 25 mila lire) dal Duca Carafa di Andria. Nel telegramma inviato al procuratore della Repubblica di Andria (ma la sede della procura è nel vicino comune di Trani) e al sindaco di Andria, la nobildonna rivendica il castello quale “patrimonio dinastico reliquario monastico di valenza graalica della santa progenie sicena sveva su cui non vige usucapione”.

Anche lo Stato italiano, dunque, può essere un cattivo padrone quando si tratta di patrimonio artistico.

Maria Mattea Maggiano

 Redazione
 

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