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05/09/2009

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IL PARCO, I RIMBOSCHIMENTI E L”ASSOCIAZIONISMO

Clicca per Ingrandire L’incendio del 24 luglio 2007 segnava profondamente gli animi di coloro che si sentivano intimamente legati alle lussureggianti pinete della costa garganica. Nasceva l’esigenza civica spontanea di fare qualcosa per accelerare il processo naturale di ricrescita del bosco distrutto, ma la Legge 353/2000, nata con l’intento di scardinare il meccanismo criminale dell’appalto legato agli incendi, vieta qualunque attività di rimboschimento e di ingegneria naturalistica per 5 anni dall’incendio, con l’impiego di fondi pubblici.

L’idea di un gruppo di giovani di Peschici fu quella di creare un’associazione di privati per il reperimento di fondi derivanti dalle quote associative, da destinare al rimboschimento di alcune aree pilota, in modo da non rientrare nella restrizione della succitata norma. All’associazione apolitica aderirono centinaia di iscritti da tutt’Italia, con un impegno a versare la piccola quota associativa solo nel caso di approvazione del progetto di rimboschimento da parte degli Enti preposti ad esprimersi.

Il consiglio direttivo quindi, impiegava le quote dei soli soci fondatori per la redazione di un progetto esecutivo, inoltrandolo al Parco del Gargano per il previsto parere preliminare necessario all’ottenimento del parere di incidenza ambientale della Provincia di Foggia. L’Ente esperiva insieme alla rappresentanza dell’associazione, tramite i suoi tecnici, un sopralluogo nelle aree candidate al rimboschimento. Di seguito, con nota del 17 giugno 2008, veniva trasmesso il relativo parere ai fini della valutazione d’incidenza ambientale:

“… Considerato inoltre, che la realizzazione degli interventi di ricostituzione tendono ad un miglioramento dell’habitat prioritario ai sensi della Direttiva 92/43/CEE - pinete mediterranee di pini mesogeni endemici - fortemente compromesso dal fuoco … ESPRIME parere favorevole inerente il progetto di cui trattasi con la seguente prescrizione: la rinnovazione artificiale sia effettuata esclusivamente nelle aree dove non si è affermata la rinnovazione naturale e sia effettuata esclusivamente tramite SEMINA (E NON PIANTUMAZIONE) di essenze di pini d’aleppo (non latifoglie) provenienti da ecotipi autoctoni (Pineta Marzini)”.

Un modo “gentile” per dire NO alla proposta che di fatto stronca ogni possibilità di prosieguo dell’iter progettuale relativo alla ricostituzione forestale tramite l’attività di rimboschimento delle aree bruciate. Possiamo supporre che le ragioni di questo tipo di parere, non riportate espressamente nella nota, siano legate alla buona capacità di autorigenerazione del sistema boschivo riscontrato in sede di sopralluogo, che però, come ben noto, ha bisogno di tempi lunghissimi.

Rispettiamo per certi aspetti il parere espresso, ma occorre anche dire che la piantumazione rappresenta una pratica diffusa e consolidata in tutto il mondo e riconosciuta dalla stessa Regione Puglia tra le linee d’intervento dei fondi strutturali e ha la capacità di accelerare notevolmente il processo di ricostituzione delle pinete, senza arrecare alcun danno significativo agli ecosistemi coinvolti, purché non vengano introdotte specie alloctone.

Il limite del metodo sta più che altro nella percentuale di successo, che dipende molto dal periodo in cui si effettua la piantumazione (il periodo più indicato è l’autunno) e dalla piovosità del primo anno. Piantare un alberello di pino rappresenta un momento di felicità, di speranza e di intima congiunzione con la natura offesa, un piccolo rito che per certi aspetti potremmo definire “terapeutico”, che non può che rafforzare il legame con la nostra terra.

L’incendio di Peschici ha costituito una dura lezione e un grave monito, anche per coloro che hanno la gestione del patrimonio boschivo e degli interventi di spegnimento, che si è dimostrato fallimentare e necessita di nuove strategie di programmazione e di interventi. Ci sono tanti altri boschi che rappresentano vere e proprie trappole mortali, basti citare quello lungo la strada statale Ss. 89 tra Peschici e Vieste, verso “Coppa della Macchia”: una “giungla” di alberi e sottobosco fittissimi, pronta ad andare in fumo in poche ore.

Occorre sfoltire i sottoboschi; realizzare una rete antincendio garganica (il Parco l’ha prevista ma non è ancora stata realizzata); tagliare gli alberi ad alto fusto ai lati delle strade principali perché fungano da tagliafuoco, impedendo che il “fuoco di chioma” abbia modo di scavalcarle; aggiornare con cadenze annuali o biennali i piani di protezione civile comunali; sanzionare pesantemente gli allevatori che fanno pascolare le loro bestie nelle aree percorse da incendi.

“Rimboschiamo Peschici” c’è, ma ora non è più sola, grazie all’associazionismo garganico. D’ora in poi le voci potranno levarsi in coro.

Ass. “Rimboschiamo Peschici”

 Comunicato stampa

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 07/09/2009 -- 12:00:08 -- mario

Però prima di passare al rimboschimento......bisogna togliere quelli bruciati che dopo "solo" due anni sono ancora lì.......per quest'ultima parte chiedete ai "nostri" amministratori........

 
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