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15/08/2009

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Clicca per Ingrandire Un paio di settimane fa abbiamo rilanciato l’appello dell’autore di “La Scordanza”, Beppe Lopez (uno dei fondatori, fra le altre sue attività, di “la Repubblica”), inviato al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e ribadito dal prestigioso palcoscenico del Carpino Folk Festival, allo scopo di nominare Giovanna Marini senatrice a vita. Lo abbiamo anche fatto messaggiando ad alcuni amici l’indirizzo web dove trovare la petizione, invitandoli a firmarla. Qualcuno non l’ha fatto subito, premurandosi di notificarci di non avere elementi o basi tali da sollecitarlo a sottoscrivere l’invito. A questi “qualcuno” abbiamo inviato il ricco curriculum della più famosa etnomusicologa italiana, tratto dal sito web di Lopez (infodem.it) e oggi lo pubblichiamo a vantaggio di tutti gli altri indecisi.

«Giovanna Marini nasce il 19 gennaio 1937 a Roma da una famiglia di musicisti. Musicista di formazione accademica, si diploma nel 1959 al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma col maestro Benedetto Di Ponio in chitarra classica. Studia musica medievale e rinascimentale, perfezionando gli studi e la pratica con il massimo chitarrista classico allora vivente, lo spagnolo Andrés Segovia, e con Alirio Diaz. Contemporaneamente si dedica allo studio e alla pratica di strumenti a corda antichi, come il liuto, che suona nel “Concentus Antiqui” del maestro Quaranta. Suona liuto e arciliuto nell'orchestra rinascimentale “Concentus Fidesque Antiqui”.

«Sono i primi anni Sessanta quando l’artista incontra e frequenta intellettuali e scrittori come Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino, Roberto Leydi, Gianni Bosio e Diego Carpitella che la iniziano alla canzone popolare e alle canzoni d’autore. E’ la scoperta del canto sociale o di quella che - con una definizione risalente probabilmente a Giovanna Marini stessa - si comincia a definire come “storia orale cantata”, nel senso di registrazione popolare degli avvenimenti storici mediante lo strumento privilegiato della canzone di composizione anonima e di circolazione orale (ancora attiva nell'Italia degli anni '60, in una società che pure si stava trasformando da prettamente rurale in urbano-industriale).

«Da quel momento la sua ricerca musicale presenterà sempre una stimolante dialettica fra elementi "colti" ed elementi popolari, secondo una dinamica presente in tanta grande musica novecentesca, da Janácek a Bartók, da Weill a Eisler a Cardew. Parallelamente all'interesse per le classi subalterne, la Marini nutre una forte passione politica, consapevole com'è del legame che unisce il dato musicale a quello sociale. Fa lungamente parte del gruppo di musicisti d'area alternativa che si raccoglie attorno alla rivista "Nuovo Canzoniere Italiano", fondata nel 1962 da Bosio, portando in giro per l’Italia le canzoni sociali con diversi cantautori politici tra cui Ivan Della Mea, Gualtiero Bertelli, Paolo Pietrangeli, Giovanna Daffini (la grande "cantante contadina" dalla quale la Marini impara la particolare emissione vocale e il repertorio), il Gruppo di Piadena, e i Pastori di Orgosolo col poeta Peppino Marotto.

«Nel 1961 partecipa alla fondazione del Folkstudio di Roma con Giancarlo Cesaroni e Harold Bradley, cantando con Maria Teresa Bulciolu canzoni popolari dell'Italia centrale e meridionale. Nel 1963 partecipa agli spettacoli “Bella Ciao” al Festival di Spoleto (uno spettacolo che resta nella storia e provoca scandali e reazioni indignate nel pubblico) e “Ci ragiono e canto” con la regia di Dario Fo. Il 3 aprile 1964, partecipa alla Casa della Cultura di Milano alla prima rassegna della canzone popolare e di protesta vecchia e nuova «L'Altra Italia» e incide poi, per i Dischi del Sole, alcune raccolte.

«Giovanna Marini diventa una colonna portante dell'Istituto Ernesto De Martino, nel quale raccoglie tutta l'enorme quantità di canti popolari da lei scoperti e catalogati, e per i quali arriva a creare persino uno speciale sistema di notazione musicale. E’, la sua, una vera opera di trascrizione della memoria, che le permetterà di trasportarla sul palcoscenico. Inizia anche a comporre lunghe ballate (più propriamente “cantate”) nelle quali racconta la sua esperienza e interpreta da sola in scena, accompagnandosi esclusivamente con la chitarra.

«Fra le prime pubblicazioni discografiche c'è quel “Vi racconto l'America” (1966), uno dei primi esempi di "ballata lunga", che è forma musicale tipica della Marini. Si tratta di un racconto musicato, in cui si alternano approcci vocali e strumentali di diversa matrice: dall'improvvisazione alla filastrocca popolare, dal recitativo operistico alla canzone di protesta, fino alla sillabazione ritmica. A cominciare dal 1967 compone molte musiche per film: tutti quelli di Citto Maselli dal ‘67 in poi, un film di Nanni Loy (“Caffè Express”), film di Pietrangeli, Mattolini, Giancarlo Cobelli, Paolo Breccia, Pelloni e altri. Scrive inoltre molta musica per il teatro: per Carlo Quartucci, “Pentesile”, “Funerale” e “Robinson Crusoe”. Per Attilio Corsini, “I Due Sergenti”, “La Pulce” e altri.

«Nel 1968 esce un disco che contiene altre due ballate “aperte”: “Lunga vita allo spettacolo” e “Viva Voltaire e Montesquieu”. Qui la riflessione è trasferita sul significato dello spettacolo, sui legami tra questo e l’impegno politico, sul ruolo dell'intellettuale nella società. I due brani sono contrapposti dialetticamente, quasi in una sorta di domanda e risposta. Particolarmente efficace è la satira dell'impegno come dimensione totalizzante.

«La ballata narrativa è la forma prevalente anche in altri notevolissimi dischi come “Chiesa Chiesa” (1967), “La vivazione” (1969) e “Controcanale 70” (1970). Nel 1974 fonda la Scuola popolare del Testaccio, a Roma, trovando altri musicisti assieme ai quali poter suonare: Giancarlo Schiaffini, Michele Iannaccone e Eugenio Colombo. “L'eroe” (1974) e “La nave (è una pura formalità)” sono del 1976. Spesso le tematiche di questi lavori hanno un complesso carattere epico, dove però l'allegoria non è mai disgiunta dalla riflessione militante. Dall'età degli anni Settanta la canta-compositrice torna a occuparsi intensamente di musica d'insieme. La scrittura si fa più elaborata, la partitura musicale sembra quasi prevalere sull'urgenza di trasmettere il messaggio. Una musica più difficile, ma comunque sempre orientata alle problematiche sociali.

«Nel 1976 fonda il “Quartetto Vocale”, per il quale scrive molto materiale e fa molta ricerca e trascrizione di materiale etnico. Con questa formazione scrive cinque “Cantate”, con le quali gira tutta Europa e Canada. Del 1977 è lo spettacolo “Correvano coi Carri” (su disco l'anno seguente), cantato da undici donne "non per scelta ma perché non c'erano gli uomini". Al 1978 risale il disco doppio “La grande madre impazzita”, vero e proprio teatro musicale per cinque voci e un trio di jazzisti d'improvvisazione conosciuti alla scuola popolare di musica del Testaccio: un disco di grande valore poetico ed eccellenza musicale, una rappresentazione del mondo d'oggi, fra tradizioni popolari e contadine in frantumi e modernità metropolitana alienante (vedi ancora Pasolini), solitudine urbana, potere soverchiante (la Grande Madre), dimensione mitica e mezzi di comunicazione di massa.

«Nel 1983 scrive “Il regalo dell’Imperatore”, opera per quattordici strumenti, coro e solisti, con la quale sta in scena per un mese al “Teatro les Bouffes du Nord” di Peter Brook e compie tournée in Spagna e Francia. Nel 1984 il Festival d’Automne le commissiona la musica per dodici liriche di Pasolini, che scrive per cinque voci e cinque strumenti. Nello stesso anno, il Festival di Musica di Saint-Denis le commissiona un “Requiem” che lei scrive per orchestra, due cori e solisti. Viene eseguito a Vienna, Amburgo, Roma e Parigi. Ed esce in Francia lo splendido “Pour Pier Paolo: 12 poesie friulane di Pasolini musicate per un organico di voci, ance e percussioni”. Nel 1988 scrive le musiche per “Troiane” di Thierry Salmon, con cui vince il premio Ubu Teatro. Compone anche musiche per teatro in Francia (“On ne badine pas avec l’amour” per Viviane Théofilides), in Germania (“Antigone” di Hans Rheiner), in Svizzera (“Le donne a parlamento” di Michel Voità). Per il bicentenario della Rivoluzione Francese, nel 1989, su incarico del Festival Roma Europa, mette in musica la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo”.

«Dal 1991 al 2000 Giovanna Marini è anche titolare della cattedra di etnomusicologia presso l'Università di Paris VIII-Saint Denis. Con gli allievi romani e parigini, Giovanna Marini compie viaggi di studio per ascoltare e trascrivere i canti di tradizione orale ancora presenti in Italia nelle feste religiose e profane. Nel 1991 scrive “Spesso il male di vivere ho incontrato” di Montale, per coro, che viene eseguito a Bologna. Scrive nel 1993 “Les regrets de Rome” per un coro dell’Università di Saint-Denis. Questo pezzo verrà poi eseguito in molte città francesi. Nel 1995 scrive la musica per “I Turcs tal Friul” di Pasolini, messo in scena da Teatriditalia e Teatro di Trieste, per la regia di Elio De Capitani, eseguito alla Biennale di Venezia. Ottiene il premio Ubu. Nel 1996, per il Teatro di Avignone, scrive “Vita Nuova”, quartetto d’archi, voce recitante e baritono. Nel 1997 scrive le musiche per “Orestiade” di Eschilo al Teatro Reale fiammingo di Bruxelles. Seguono “Sibemolle” e la “Cantata del Secolo Breve” (ispirata all'opera storica di Eric Hobsbawm) presentata al Théâtre de Vidy, a Losanna, nel 2001.

«Nel 2002, assieme a Francesco De Gregori, Giovanna Marini incide l'album “Il fischio del vapore” (vai a VIDEO DELLA SETTIMANA; ndr), che ottiene un successo di vendite senza precedenti facendo conoscere il suo nome, dopo quarant'anni, anche al grande pubblico. Nel 2004, tra le altre cose, mette in musica la “Ballata del carcere” di Reading e il “De Profundis” di Oscar Wilde. Per rispolverare il repertorio della Marini è stata pubblicata da Alabianca, nel 2006, “Antologia”, una raccolta dei migliori brani dell’artista romana nei suoi quarant’anni di carriera tra l’Italia e l’estero. Ventuno canzoni, di cui tre inedite: “Passerà”, scritto anni fa, “Muto Carmè”, ed “Era domenica”, tratta da un racconto di Hemingway. La Marini, durante lo “show case” di presentazione dell’album, ha proposto alcuni dei brani più famosi tra cui i tre inediti e “Ulrike Meinhof”.»

Ce n’è abbastanza per decidersi, eppure vogliamo aggiungere un’altra “chicca”. Il 1998, la Marini incontra Andrea Sacco, il primo dei tre più famosi “Cantori di Carpino”, e se ne innamora, artisticamente ovvio. Quanto successo dopo… è storia di oggi.

dired

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