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13/08/2009

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LETTERA APERTA DEL PARROCO DI UGENTO…

Clicca per Ingrandire Il parroco della salentina Ugento, don Stefano Rocca (foto del titolo; ndr), invia un Buon Ferragosto… “scomodo” a sindaco, presidente della Provincia di Lecce, presidente della Regione Puglia, ministro Raffaele Fitto e agli uomini di buona volontà.

“La voce del sangue di tuo fratello, grida a me dal suolo”. Così parlò Dio a Caino e così parla a noi oggi che continuiamo a chiuderci nel silenzio e nell’indifferenza (… “sono forse io il custode di mio fratello?” rispose Caino) circa l’efferato omicidio del carissimo Peppino Basile (foto 1 sotto), nostro fratello e rappresentante di una istituzione.

Sono passati quattordici mesi e il suo delitto resta ancora avvolto in uno scandaloso mistero. Molte sono le orecchie da mercante. Numerose sono state le provocazioni lanciate in questi mesi e giorni: presentazioni di libri, lettere indirizzate a politici e presidenti vari. Mi chiedo, perché ancora oggi si preferisce tacere? Perché questa morte ha provocato una sterile divisione, una rottura di rapporti fino a sfiorare persino condanne, querele e insulti poco edificanti come se fosse solo un “pallino” da parte di qualcuno? Perché ancora oggi, la morte assurda di un uomo è diventata una realtà che al solo parlarne provoca reazioni illogiche anche da parte di esponenti politici? Perché la morte di Peppino deve rimanere solo un triste evento che ha colpito la nostra città di Ugento e la nostra terra salentina?

Perché su questa morte occorre “metterci una pietra sopra”?

No, non può essere così! Quanta tristezza alberga nel mio cuore e nel cuore di tutti coloro che da mesi e mesi invocano e gridano giustizia e verità per Peppino. Lo faremo senza mai stancarci. Abbiamo la fortuna di avere nell’ambito del governo nazionale un ministro, figlio della terra salentina, che nei mesi scorsi abbiamo visto spesso presente nei nostri paesi per suffragare voti per il suo schieramento politico. Per questo non abbiamo niente d’ammonire! Però perdonate anche noi, e non prendeteci per pazzi o per protagonisti o peggio ancora non schierateci come vostri nemici o avversari se continuamente vi chiediamo di aiutarci nella nostra ricerca della verità di un fatto così grave che sino ad oggi non conosce precedenti. Una cosa è certa: se fosse accaduto a uno di voi impegnato nella politica, ugualmente ci saremmo “fatti in quattro” affinchè verità e giustizia venissero fuori.

La nostra “battaglia” non è per quello e quell’altro colore politico (come purtroppo si crede), ma per un UOMO massacrato, nostro fratello e figlio di Dio. Credo che solo “abbracciandoci insieme” come amava dire Don Tonino Bello, potremmo abbattere il muro della violenza e della inimicizia, e perseguire insieme i valori della giustizia e della verità, che insieme dovremmo ricercare.

Come sarebbe benaccetto da parte di noi cittadini ugentini, poter sentire dalle labbra del nostro ministro una parola di intercessione presso le più alte cariche dello Stato affinché un tale delitto possa avere quanto prima una sua risoluzione, almeno per difendere un uomo politico (al di là del colore partitico) eletto dal popolo. Come sarebbe bello che la richiesta della verità sia invocata da tutti senza alcuna distinzione di colore partitico.

Eppure… “il sangue di tuo fratello grida a me dal suolo”, ci ricorda Dio!

Grida! Mi auguro che almeno le grida di Dio possiamo sentirle nel nostro cuore, visto che quelle di Peppino quella notte nessuno le ha ascoltate! (Così dicono!) Purtroppo!!! Mi auguro che queste grida di Dio possano rimanere impresse nelle coscienze di ognuno, senza la tentazione di rimuoverle. Mi auguro che qualora questa mia lettera capiti tra le mani di coloro che hanno commissionato e commesso questo atto efferato, possano sentire nel loro cuore la tristezza del peccato compiuto e nello stesso tempo la Misericordia di Dio che sarà tanto grande quanto grande sarà il pentimento.

Sono questi i miei auguri scomodi per questo ferragosto!

Don Stefano Rocca (parroco di Ugento-Le)


CHI ERA PEPPINO BASILE - Consigliere provinciale dell’Italia dei Valori a Lecce e consigliere comunale a Ugento, borgata salentina di 8mila abitanti, secondo Comune per estensione territoriale in provincia di Lecce, si batteva strenuamente nel suo Comune contro qualsiasi forma di illegalità, incurante delle minacce di morte scritte sui muri del paese. “Devono passare sul mio cadavere” disse durante un infuocato Consiglio Comunale. Fu ucciso sull’uscio di casa con 15 coltellate nella notte fra il 14 e 15 giugno 2008.

 Comunicato

 

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