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29/07/2009

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PESCHICI DI 40 ANNI FA NEGLI OCCHI DI UN TURISTA AFFEZIONATO

Clicca per Ingrandire Il mio innamoramento del Gargano avvenne all’improvviso, come un colpo di fulmine, in un magico mattino del luglio 1968 a Mattinata. Avevo letto qualche articolo sul Gargano e incuriosito decisi di visitarlo giungendovi dalla parte del Tirreno. A Foggia, un nubifrafio mi colpì fino alle porte di Mattinata. Era ormai buio, da un po’, così decisi di fermarmi e proseguire il mattino successivo. Per dormire trovai una pensioncina modesta ma molto pulita. Andai a cenare in una specie di grotta dove gustai una minestra di legumi veramente speciale. Ci mangiavano anche dei vigili del fuoco. Mi raccontarono che erano in zona per portare l’acqua con le autobotti alle masserie, data la siccità della stagione. Indagando, ebbi da loro le prime informazioni sulle abitudini e sui problemi del Gargano. Quindi, stanco, mi recai a dormire.

Il mattino successivo fui svegliato da un soave campanellino conventuale: aperti gli scuri della finestra i miei occhi e il mio cuore furono folgorati da una visione paradisiaca. In un mattino limpidissimo, risplendente di luce, un azzurro cielo baciava all’orizzonte un calmo mare color smeraldo. Sotto la mia finestra, in una stradina in salita, un somarello col basto carico di un bidone di latte, da una parte, e tanti misurini appesi dall’altra. Un vecchietto, con un campanellino in mano, camminava suonando di porta in porta per farsi sentire dalla gente.

Di fronte a tutto questo incominciai a cadere nell’irreale.

Proseguii il viaggio a rilento, anche perché stavano ancora terminando di costruire la strada litoranea, ma sopratutto perché feci molte fermate per ammirare il meraviglioso paesaggio che mi si presentava di volta in volta, il tutto incorniciato da una fila continua di pini d’Aleppo, ora purtroppo quasi tutti bruciati. Giunsi così fino al peschiciano campeggio di San Nicola lungo la cui strada, in uno spiazzo, col suo abile coltello lavorava il legno "Mimì il cucchiaro". Mi attendai sotto un fico dai frutti maturi coi quali potevo fare colazione.

Allora, fra Peschici e Vieste vi erano solamente i campeggi di San Nicola e Manaccore, tutto il resto erano stradine libere che ti portavano a cale e calette dove potevi fare bagni solitari e raccogliere cozze grandi così. Ma la mia meraviglia non era ancora stata appagata del tutto. Il primo giorno che dal San Nicola mi recai a Peschici, in uno spiazzo abbastanza largo e in leggera discesa sulla destra, poco dopo il Camposanto, attorno a un grosso palo piantato in terra, due cavalli legati giravano in tondo pestando il grano in sostituzione delle macchine battigrano.

Nella via principale vi erano solamente la farmacia, il bar Rocco, i negozi di Camping Gas di Vigilante, Moda Mare di Marino e il ristorante da Peppino.
Oltrepassata l’antica porta ed entrato nel cuore del centro storico, sfiorando la splendida Chiesa Madre e passando davanti alla bella Chiesa del Purgatorio, era tutto un fervore di vita quotidiana: la gente che abitava il quartiere intero, le vecchiette sedute in strada davanti alle case che ti salutavano, i muli che passavano carichi di legna, i panni stesi al sole, i fiori e il basilico in grandi contenitori situati in strada. E giù così fino alla Trattoria al Castello gestita da Mattea “la muta”, alla quale se chiedevi come stava, inequivocabilmente ti rispondeva “fatti i cazzi tuoi”!

Mi colpirono le donne di una certà età, tutte vestite di nero per il lutto ai parenti, come finiva un lutto ne incominciava un altro e avanti così per tutta la vita. Altro fatto curioso era vedere, specialmente verso sera , al ritorno dal duro lavoro, muli e cavalli tenuti per le briglie dai proprietari mentre i rispettivi cani stavano in piedi sull’equino facendo strani esercizi di equilibrio per mantenersi in arcione. Curioso era anche l’imbarco sulla motonave Daunia per raggiungere le Isole Tremiti. La nave si fermava fuori dal piccolo porto di allora e i passeggeri dovevano raggiungerla con piccole imbarcazioni che accostavano la scaletta alla nave. Robuste braccia ti afferravano mentre da dietro altri volenterosi ti catapultavano a bordo. E non posso dimenticare le belle processioni tradizionali con tutte le confraternite in perfetta tenuta.

Un giorno andai a pranzare al "Ristorante da Peppino". Peppino in realtà faceva il sarto e da poco, fiutando e anticipando lo sviluppo turistico di Peschici, aveva cambiato mestiere. Per accedere a un grazioso piccolo pergolato, bisognava attraversare un’odorosa grande cucina, ove due donnette confezionavano delle orecchiette. Consumai una magnifica zuppa di pesce, servita in un grande contenitore di terracotta e innaffiata da buon vino, il tutto per la favolosa cifra di lire 500! A quel tempo a Peschici tutto costava cento lire: il chilo di pane, la frutta e infinite altre cose.

Molto ci sarebbe ancora da raccontare, ma ora passo ad argomenti meno allegri. Un giorno passando dalle parti di Calena, notai quel bel complesso medioevale. Fermatomi, trovai un portone aperto che immetteva in un cortiletto. Affacciatomi per curiosare, a un certo punto si fece avanti un gentilissimo signore il quale, intuendo il mio interesse, mi chiese se volevo visitare il complesso. Accettai ringraziando e così mi fece girare dappertutto, dandomi appropriate informazioni. Notai subito, più che il degrado, l’incuria di quel gioiello architettonico. A un tratto, in quello che fu il tempio sacro, chiesi spiegazioni di un buco nel muro. Il mio cicerone, tutto inorgoglito, rispose: "Qui c’era il trono in pietra del priore… Ma io l’ho tolto per farne una poltrona a mammà"! In quel momento i miei capelli diventarono bianchi, come lo sono ancora oggi.

Di altri vergognosi scempi dovuti a ignoranza, incuria, negligenza, incompetenza, pressappochismo, avidità, abusivismo, miopia delle istituzionie e ad altre molte ragioni, purtroppo se ne contano ancora. Ci vorrebbe troppo sangue per elencarli. Basterebbe vedere le cartoline illustrate di Peschici di 40-50 anni fa e confrontarle con quelle di oggi.

Uno scempio che mi colpì, in particolare, fu quello avvenuto sul rettilineo, provenendo da San Menaio sulla destra, prima della salita per il paese. Là si trovavano - dono della natura, immagine di un paesaggio incontaminato, biglietto d’ingresso verso una località a vocazione turistica - le dune naturali di sabbia. Lì, da sempre! Ebbene, furono distrutte per far posto a una orribile stazione di servizio! Di questo, e di quasi tutti i vergognosi scempi avvenuti, tutti sapevano, tutti vedevano, ma nessuno parlava o, peggio, interveniva.

Mi ritengo un privilegiato per aver visto Peschici com’era, com’era stata per molti anni addietro. E alla fine si sarà capito perchè, da quel lontano luglio a Mattinata, nonostante tutto, puntualmente, vengo a trascorrere l’estate sul Gargano.

Giuseppe Gatti

PS - Mia moglie mi fa osservare, giustamente, che tutte queste cose che ho raccontato le ha vissute insieme a me.


 Redazione

 

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