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08/07/2009

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GIOCO DI SPECCHI

Clicca per Ingrandire Sono a pieno titolo gli indiscussi maestri nell’uso del subliminale. Potenza dei simboli ed efficacia del linguaggio non gli sono affatto sconosciuti. Anzi, rappresentano il pane quotidiano per la loro certosina attività diplomatica. In una sorta di raffinata arte della comunicazione Barack Obama e Benedetto XVI, da qualche tempo, si parlano e nel contempo stanno parlando al mondo intero.

In un singolare gioco di rimandi, è come se si divertissero a disorientare e incantare la platea mondiale delle attenzioni e delle aspettative di ogni grado. Ma con i loro funambolismi affrontano in modo maledettamente serio temi, argomenti e problemi che attanagliano la quotidianità dell’intero pianeta. La tecnica è straordinariamente efficace e lo specchio dell’uno non fa che proiettare e moltiplicare i riflessi dell’azione dell’altro. Per poi farne propri gli spunti e perpetuare gli effetti di un dialogo per niente formale, ma ricco, concreto e per certi versi sorprendentemente innovativo.

E’ come se tacitamente avessero deciso di scambiarsi i ruoli. Il Presidente americano al Cairo, con un discorso destinato alla storia, abbraccia l’approccio ecumenico e individua su basi chiare, definite e coraggiose il sentiero di pace che intende percorrere. Nella salvaguardia della dignità di ognuno e col dovuto e preteso senso di responsabilità di ciascuno. Dal soglio pontificio, invece, Benedetto XVI sprona i Grandi della Terra a creare posti di lavoro per tutti, ma anche a non cancellare né a ridurre i piani d’aiuto internazionale in favore dei Paesi meno sviluppati e in particolare dell’Africa. Il Papa esorta a “investire sull’uomo”, ad avere più a cuore la salvaguardia del creato, nonché a coltivare l’esercizio della solidarietà.

Barack Obama raccoglie, e sceglie “l’Avvenire” e “Radio Vaticana” per annunciare che gli Stati Uniti d’America prevedono di “raddoppiare gli aiuti alle nazioni povere”, sottolineando che: “la priorità degli Usa al G8 sarà proprio di indurre gli altri Paesi a fare altrettanto”. Dalla Casa Bianca un’attenzione meticolosa alle sfumature, che diventano musica per le orecchie d’oltre Tevere, quando il Presidente accelera sulla questione palestinese e vola alto sugli orizzonti allargati dalla fiducia nel prossimo. Invitando tutti a ritrovarsi “nell’unico comandamento al fondo di ogni religione: fare agli altri quello che si vorrebbe che gli altri facessero a noi”.

Un contrappunto eseguito con rara affinità di talento. Quasi un coro a due voci, poi, la soluzione prospettata da entrambi, con determinata convinzione, di “due popoli, due Stati” per l’eterna diatriba israelo-palestinese. Magari col compromesso finale di una Gerusalemme con status analogo a quello della Città del Vaticano. Nel pomeriggio di venerdì 10 luglio, nella suggestione di un acceso tramonto romano, il Presidente Obama entrerà per la prima volta nello studio di SS. Benedetto XVI. Gli specchi si allineeranno e tutto fa presumere che, insieme, rimanderanno una tale quantità di luce da rendere l’incontro in Vaticano il motivo dominante dell’arrivo in Italia di Barack Hussein Obama e di sua moglie Michelle.

Antonio V. Gelormini

 Redazione

 

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