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01/05/2009

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UNA MANO SI APPOGGIA SULLA SPALLA…

Clicca per Ingrandire Cammino a passi veloci nella strada semideserta. La pioggia rende tutto più silenzioso, col tintinnio regolare delle gocce a colpire l'ombrello. A testa bassa, controllando il piede che insegue l'altro fino ad arrivare alla Porta del Ponte, trovo riparo sotto l'arco. Con la mano libera tasto la giacca all’altezza della tasca. Un respiro più lungo segna la soddisfazione di aver trovato a inizio ricerca il pacchetto delle marlboro rosse.

Sfilo una sigaretta e subito, alla prima boccata, mi sento più rilassata. Osservo con attenzione esagerata il fumo fuoriuscire dalle labbra socchiuse, allontanarsi e formare figure diverse fino a dissolversi. Manca solo qualche minuto. Finalmente ci incontreremo. Guardo il filtro tra le dita e non c'è modo di godere il piacere dell'ultimo tiro. Lascio cadere il mozzicone e lo vedo spegnersi nell'acqua della pozzanghera che si sta formando sotto i miei piedi.

Tiro su l'ombrello. Mi riavvio verso il luogo dell'appuntamento. Percorro i vicoli sempre più stretti e man mano sempre più bui. A tratti mi volto per guardarmi alle spalle, convinta che i suoi passi mi stiano raggiungendo. Il deserto è totale. Poco più di dieci minuti e sono al solito posto. A picco sul mare, un mare che c'è ma non si vede, completamente avvolto dal buio dell'ora ormai tarda. Mi sporgo dal belvedere. Un’improvvisa frustata del vento spezza l'ombrello lasciandomi aperta alla pioggia che continua a cadere inesorabile, il viso completamente bagnato. Cerco di asciugarlo con entrambe le palme e nel contempo porto indietro i capelli.

Una mano si appoggia sulla spalla. Ecco! Ci avviamo, senza parlare, verso casa sua. Un piccolo appartamento che conosco bene ci accoglie, gli occhi di ciascuno in cerca di qualsiasi cosa fuorchè dei nostri sguardi, ormai persi, spenti, indifferenti. Siamo qui, adesso, perchè non si poteva non incontrarsi ancora una volta, perchè anche se non c’è nulla da dire bisogna sentirselo dire. E l’urgenza di ascoltare quelle parole - “è finita!” - si avverte palpabile. So di questo momento già da un po’, ma avrei voluto non arrivasse mai. Perciò, mi sono preparata. Manca la volontà di ripetere per l’ennesima volta le medesime frasi, non ho bisogno di dirgli quanto abbia significato per me, quale incidenza abbia avuto nella mia vita e quanto della mia vita finisca in questo istante.

Appena si volta, andando via dopo un bacio distratto che vuole essere un saluto, afferro convinta la scultura che pare aspettarmi paziente sul tavolino e lo colpisco ripetutamente alla testa. Lo vedo accasciarsi e coprire col corpo il suo stesso sangue. Con totale indifferenza nascondo l'arma in borsa, mi giro e cancello tutto quanto sto per lasciarmi alle spalle.

Non sarò mai più la stessa, la mia esistenza priva di ogni significato… come il mio passato.

 Redazione

 

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