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10/03/2009

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L”ARTE DOVE E QUANDO MENO TE LO ASPETTI

Clicca per Ingrandire Quando si parla di Peschici si pensa subito al mare, al sole, alle vacanze, punti di forza della cittadina garganica. Come in altre piccole realtà italiane anche qui esistono realtà meno conosciute, ma altrettanto meritevoli di attenzione, che fanno parte di un mondo da esplorare ricco di arte, tradizioni e cultura. Di seguito il racconto di un fruttuoso quanto casuale incontro con un amico, in un freddo pomeriggio invernale.

Percorrendo una strada alla periferia sud di Peschici, passando davanti all’uscio del suo garage-laboratorio, incontro un amico intento ad armeggiare su un ciocco di legno con degli attrezzi metallici. Donato Elia Tavaglione mi invita a entrare e visitare il suo piccolo laboratorio, dove è solito passare i brevi e gelidi pomeriggi invernali, quando la pioggia e il freddo gli impediscono di uscire. Qui, scopro un mondo nascosto, inimmaginabile, fatto di oggetti in legno e materiali naturali frutto delle sue abilissime mani, e pochi utensili anch’essi fabbricati a mano e modellati a fuoco.

Donato Elia fa l’impiegato, ma nei suoi ritagli di tempo si diletta a creare vere e proprie opere d’arte, uniche nel loro genere. Tutto ciò che realizza è merito della sua abilità, della capacità di vedere in un pezzo di legno un possibile attrezzo di uso comune, dalla passione e precisione per le cose belle di un tempo ormai quasi del tutto soppiantate da prodotti moderni.

Dei suoi lavori piace mostrare ciò che è in grado di realizzare con pazienza certosina e tanta fantasia. Queste opere d’arte sono realizzate in legno e radica d'ulivo, carrubo, e ornello, provenienti dai locali boschi del Gargano, sezionati in blocchi accuratamente scelti e tagliati in particolari e precisi periodi dell’anno, cioè nella seconda mancanza (sistema di conteggio riferito alle fasi lunari) dei mesi di gennaio e agosto. Indispensabile questa particolare attenzione per evitare che il legno marcisca.

Gli oggetti (vere e proprie opere d’arte, lo ripetiamo con piacere) vengono completamente scolpiti e realizzati senza punti di giuntura. Mentre li guardo ammirato, lui continua a lavorare un ramo di radica d’ulivo, dal quale pendono già diversi anelli. Quindi mi mostra come incide il legno, lo scava, lo lavora fino a creare quello che sarà l’anello successivo di insolita quanto incredibile catena.

Girando con lo sguardo sulle mensole vedo una lunga serie di oggetti in legno, un po’ impolverati, ma aventi tutti le stesse peculiarità: niente giunture, niente chiodi, niente incastri. Tra i suoi lavori più belli: una stadera, bilancia di antiche origini (foto del titolo; ndr). Guardandola attentamente e da vicino, posso notare la precisione millimetrica delle catenelle in legno che sostengono il piatto (anch’esso in legno), ovviamente senza giunture, scolpiti in radica di legno di carrubo.

Proprio accanto alla stadera trova posto una catena in legno di ornello, lavorata a mano e senza giunture tra gli anelli (foto 1 sotto). Stessa caratteristica per una corona del Rosario, in legno di radica di ulivo. Sullo scaffale anche un recipiente per contenere l’olio, chiamato dialettalmente “oliarulo” ( foto 2) ricavato in corno di bue completamente svuotato e accuratamente lavorato a mano, con su incisa una testa di serpente e chiuso alla base da un tappo di legno di “tegghia”, bollito in acqua per renderlo ignifugo. Lì vicino, coltelli “a fronnë ‘a vuleivë” (dalla particolare forma della lama) con lama in acciaio temperato in olio bollente e manico in osso, ricavato dalle corna di capra (foto 3), oggetti di uso comune tra i nostri nonni, ma completamente sconosciuti ai più giovani. Infine la miniatura di un trabucco (che significa trappola), strumento da pesca dagli scogli, molto usato dai peschiciani e ancora oggi presente sulle nostre coste (foto 4).

La visita finisce davanti a un caminetto pieno di ardenti tizzoni e schegge delle lavorazioni di questi capolavori, “gioielli” (come a Donato Elia piace chiamarli). Felice dell’inatteso incontro col mio amico, mi congedo da lui con la promessa di rendere noto quanto appena ammirato.

Domenico Martino

 Redazione

 

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