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23/01/2009

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A MARGINE DELLA VICENDA DI ALESSANDRO

Clicca per Ingrandire Dean Buletti, il giornalista che ha realizzato il servizio di "Chi l'ha visto" a Monte Sant'Angelo per Alessandro Ciavarrella, racconta a ‘il diario Montanaro' la sua esperienza nella nostra città. Non è nostra intenzione fare “cattiva pubblicità”, ma riteniamo sia necessaria una riflessione dopo gli ultimi avvenimenti che hanno lasciato apparire Monte Sant'Angelo come un paesino di mafiosi e omertosi. "Chi l'ha visto" da vent'anni va in onda con successo e a oggi rimane forse l'unica trasmissione che fa ancora davvero tv di servizio, ovvero pubblica utilità.

Non lo diciamo noi, ma le statistiche: centinaia di casi di scomparsa settimanali in Italia denunciati alle autorità. Di quelli di cui si occupa la trasmissione, circa il 60 percento si conclude col ritrovamento della persona scomparsa (purtroppo non sempre in vita). Questo grazie al contributo degli spettatori che contattano la redazione con segnalazioni e informazioni spesso fondamentali. “E’ quella interattività che ovunque su Internet viene sbandierata, ma che quella cosa ‘vecchia' che si chiama televisione fa già da vent'anni, nel nostro caso”, afferma Dean.

Una premessa che molti dimenticano: “Chi l'ha visto” NON si occupa di scomparse volontarie, nel rispetto della privacy e non solo, ovvero dei maggiorenni che non hanno particolari problemi fisici o mentali, o economici, o comunque il cui allontanamento sia esplicitamente dichiarato. “Noi facciamo televisione - continua, - cioè raccontiamo storie per mezzo di immagini e suoni. Non siamo investigatori né inquirenti. Il nostro contributo alla soluzione dei casi è né più né meno quello che qualunque strumento dell'informazione potrebbe dare: facciamo domande. E le risposte le forniscono a volte proprio gli spettatori. Siamo sempre dalla parte delle vittime, in primo luogo dei familiari che ci contattano.

“Il fascino e la difficoltà del nostro ruolo è di riuscire a raccontare una storia il cui protagonista principale è assente: giriamo dei piccoli film in cui l'attore principale non c'è! E, sempre, la sceneggiatura si scrive in corso d'opera. Cerchiamo di raccontare una persona e di capire perché è scomparsa attraverso le voci e i volti di chi la conosce, di chi la cerca. Dunque familiari, amici, colleghi, associazioni di volontari che si occupano di ricerche nei boschi o di aiutare i senzatetto, guardie forestali o operatori della sanità... E anche magistratura e forze dell'ordine. Spesso si ha quasi da subito la sensazione che dietro la scomparsa ci possa essere un delitto. In quel caso la nostra collaborazione con gli inquirenti, pur limitata dal giusto riserbo che mantengono in fase d'indagine, si fa più delicata: le segnalazioni e gli avvistamenti, ma anche quello che ci viene confidato durante le interviste e gli incontri con le persone che ruotano intorno alla vicenda, possono essere degli elementi in più per le indagini stesse”.

Quanti "guai" vi ha procurato questo difficile mestiere?

“È capitato numerose volte che io e i miei colleghi siamo stati chiamati a testimoniare in processi e che le nostre registrazioni siano servite come elementi di prova. Quando svolgiamo delle inchieste, partiamo, come nei casi di scomparsa, dagli elementi noti, cercando di trovare i tasselli che mancano, che sono scomparsi dal puzzle. Anche le grandi trame di mafie e servizi segreti sono fatte di tasselli, anche minuscoli: a volte trovarne uno dà un contributo a incastrarne altri e a rendere più chiaro il quadro d'insieme. Per questo nel programma possono convivere le vicende che legano la scomparsa di un adolescente come tanti (che si chiamino Alessandro Ciavarrella o Emanuela Orlandi) anche alle trame che vedono coinvolte bande del crimine organizzato come la Magliana, servizi segreti, Ior e quant'altro».

Parliamo di Alessandro.

“Nel caso di Alessandro Ciavarrella abbiamo incontrato i familiari, avuto colloqui con gli inquirenti (che stanno svolgendo attività d'indagine e non di semplice ricerca) e abbiamo cercato di parlare con le ultime persone ad aver visto Alessandro: gli amici, in particolare quelli che con lui dovevano avere appuntamento la mattina della scomparsa”.

È qui che il volto di Dean comincia a cambiare espressione. Passiamo a Monte Sant'Angelo e Dean ammette: “Abbiamo incontrato una strana reticenza, che a volte è sfociata in atteggiamenti di scherno. Non trovo molto da scherzare, se un ragazzo di sedici anni sparisce così nel nulla. La strafottenza di alcuni ragazzi mi ha ricordato più il primo episodio de ‘Il capo dei capi' che ‘I cento passi', purtroppo”.

Ma c'eri mai stato a Monte Sant'Angelo? Lo sai che la città non è così come l'hai vista in questi giorni, vero?

“Conoscevo Monte Sant'Angelo per avervi realizzato nel 2000 (o nel 2001) un reportage di viaggio andato in onda su Stream: la ‘Via dell'Angelo' e i suoi tesori d'arte, storia e cultura, sono una meraviglia. Il turismo nel Gargano avrebbe molte opportunità di crescere. Forse manca un po' di quella cultura dell'accoglienza e dell'imprenditorialità turistica che per esempio hanno in Romagna. Essere montanari non deve diventare una scusa per chiudersi al mondo, al confronto con altre culture, mentalità, modi di gestire la vita pubblica e privata”.

Parole dure quelle di Dean, un osservatore esterno affascinato dalle bellezze storiche, culturali e artistiche, che lancia un monito ai cittadini di Monte Sant'Angelo invitandoci a ragionare. Forse è proprio necessario ripartire da noi, riflettere sulla nostra educazione e soprattutto sulla nostra cultura dell'accoglienza. Per una città turistica è importante, quanto l'aratro per un contadino.
Pasquale Gatta/Domenico Prencipe

PUNTO DI STELLA COGLIE L’OCCASIONE E RILANCIA L’APPELLO TANTE VOLTE MESSO IN RETE. CHI ABBIA NOTIZIE DI ALESSANDRO CIAVARRELLA O RITIENE DI AVERLO VISTO IN QUALCHE LUOGO CONTATTI I SEGUENTI NUMERI: cell. 329-73.25.279 e 348-61.86.056 (ildiariomontanaro@gmail.com) o ANCHE 0884/96.44.18 (info@puntodistella.it). ALESSANDRO POTREBBE ESSERE NOSTRO FIGLIO O NOSTRO FRATELLO!

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