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16/02/2009

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COSTITUZIONE, TENIAMOCELA STRETTA

Clicca per Ingrandire Se c’è una cosa che i cosiddetti “sacerdoti del popolo” o gli oracoli del pronunciamento popolare non dovrebbero dimenticare, è che non 20, 30 o 40 anni fa, ma solo poco più di un anno fa, un referendum popolare ha pesantemente bocciato il tentativo di stravolgere la Carta Costituzionale della Repubblica Italiana. E’ per questo che di fronte a chi, giorno per giorno, si sente autorizzato a screditarne i valori intangibili, perché infastidito da un’influenza percepita come ingombrante, diventa doveroso assumerne la difesa e tutelarne l’integrità dei suoi equilibri più delicati. Anche per poterla adeguatamente aggiornare, senza minarne le riconosciute peculiarità.

Una Costituzione tra le più moderne. Scritta da costituenti lungimiranti, per fissare i limiti al potere di chi comanda. Per definire le condizioni e i modi in cui l’autorità deve essere esercitata, e per fissare i diritti dei soggetti nei confronti dell’autorità, che non può e non deve legalmente violarli. Sorprende e delude, nelle analisi politiche, la disinvolta valutazione dell’importanza dei compromessi nella stesura di principi generali condivisibili, adatti a tutte le componenti di una comunità. La rilevanza dei Patti Lateranensi nella Carta, senza ancorarne le modifiche concordate a una revisione costituzionale, ne è esempio troppo spesso sottovalutato.

Così come non credo ci sia bisogno di ricorrere ad apprezzamenti liberali vecchi (Einaudi o Croce) e nuovi (Malagodi, G.Tatarella o Poli Bortone), per legittimare la scelta del grande “compromesso” che dette vita a un Ordinamento giuridico fondato sul “lavoro” (art. 1 della Costituzione). Il lavoro non inteso come “astrazione collettiva” (P. Ostellino), bensì quale “valore costituzionale essenziale”. Il “fondamento” sul lavoro sta a indicare, secondo V. Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, il valore che la Repubblica attribuisce all’apporto del lavoro di ciascuno (secondo le proprie capacità e le proprie scelte - art. 4), in luogo di altri fattori in passato determinanti, come la nobiltà di nascita o di ricchezza, ai fini del ruolo sociale dell’individuo.

Basterebbe solo questo a motivare una rinnovata attenzione alla lettura dei suoi principi e l’impegno a spazzare via ogni velleità revisionistica della legge fondamentale della nostra Repubblica. Deo, un mio amico, ha salvato il testo della Costituzione Italiana sul desktop del suo PC. Lo ritengo un consiglio da seguire.

Antonio V. Gelormini


Nella foto - Enrico De Nicola (a sx), primo Presidente della Repubblica, e Umberto Terracini firmano la Costituzione Italiana in vigore dal 1 gennaio 1948

 Redazione

 

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