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16/02/2009

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ADDIO A UN POETA DELL”ANIMA

Clicca per Ingrandire Mentre Leonarda Crisetti, cagnanese doc, scriveva - l’11 febbraio scorso - le note una cui sintesi stiamo per proporvi, il loro destinatario si avviava lentamente quanto inesorabilmente verso il personale destino e ci lasciava nella giornata di ieri, domenica 15. Francesco Bocale (foto del titolo; ndr), doc nella stessa misura della Crisetti o forse ancora di più per non aver smarrito la propria cagnanesità nella lontana terra lombarda dove le vicissitudini della vita lo avevano spiaggiato, dopo lunga e sofferta malattia se n’è andato.

Unico, ma intenso, contatto avuto con lui, più o meno di questi tempi nel 2008, una sua lettera, in cui esprimeva compiacimento per il nostro lavoro, ad accompagnare due delle sue più incisive opere (“QUANDO LA CIPOLLA FECE PIANGERE IL PADRONE", firmato con lo pseudonimo ‘Apulo Cannesi’ e “MISURA DEI MIEI PASSI”, foto 1 sotto)). Il nostro critico letterario così le recensiva.

QUANDO… - “Simpatica raccolta di racconti cagnanesi che lasciano immaginare con estrema dolcezza un nonno, un caminetto, un ceppo scoppiettante e tanti nipotini intorno. Brevi racconti intrisi di morale, simpatia e insegnamenti. Un’oasi di sano e simpatico relax; una giungla, a volte, di "fiabe" colme di leggerezza; un libro da leggere, perché no, in compagnia di pargoli allegri e schietti come le righe dei racconti. Affreschi di paese con personaggi che davvero sembrano usciti dalle favole, arricchiti da tavole disegnate da bambini, perché il mondo della favola appartiene soprattutto a loro. Una proposta, oseremmo dire, controcorrente e coraggiosa oggi che la parola raccontata suona demodé per le orecchie di molti, meglio: per chi non sappia trarre insegnamento dalle cose semplici e genuine. Ma noi, "demodé", crediamo ostinatamente che ci si possa emozionare ancora con poco”.

MISURA… - “Giocare con le parole e raccontare sentimenti non è proprio facile e non è per tutti. Bocale ci riesce benissimo con la sua raccolta di poesie: delicata, intensa, incisiva, toccante. Un invito ad aprire il cuore e accogliere sentimenti messaggi sensazioni da intendersi come energia per affrontare il quotidiano con una nuova luce e una nuova carica”.

Addio Francesco, amico di un breve istante. Te ne sei andato con la serenità dei forti, ma la memoria di te resta abbarbicata ai tuoi versi. Che la Crisetti così recensiva solo qualche giorno prima della tua dipartita.

“Ho camminato per sentieri infiniti - Francesco Bocale - pp. 110, Tip. Zaffaroni (Co), dic. 2008” - «È il libro della maturità - scrive l’autore, - di un uomo di fronte al mistero del dolore che incalza, che pone domande, cerca risposte, dell’uomo che vuole essere protagonista costruttore, indagatore, che non nega la fede in Dio e negli uomini. “Ho camminato per sentieri infiniti”, una raccolta di poesie, che apre con “Attesa”, scritta nell’ospedale di Saronno, urologia, 7° piano, venerdì 17 novembre 2006, ore 5,35, dove dona amabili cure il dottor …, e chiude con “Alla luce della tua divinità”, ancora a Saronno, ma nel reparto di oncologia, giovedì 13 dicembre 2007, ore 11,20.

«Settantatrè poesie /…/ che riportano scrupolosamente luogo, giorno della settimana, data e ora del componimento, persone e circostanze, quasi per annotare, come in un diario le emozioni, i turbamenti, l’angoscia ma anche le esplosioni di gioia e di speranza, che l’ hanno accompagnato nel corso della sua malattia. “Ho dovuto scrivere queste poesie, devo scrivere, perché la poesia è ormai per me una terapia” - mi dice dall’altro capo del telefono. Francesco mi chiede una recensione, invitandomi a “scavare in profondità, nelle sue pieghe più recondite per farne risaltare limpido, chiaro, il messaggio di attaccamento alla vita, di fede in Dio, negli uomini”.

/…/ Comincerò da “Sogno” (pag 44 della raccolta), una poesia di 33 versi (scelta casuale?), a mio avviso significativa, in cui ciascuna persona, che abbia vissuto un rapporto difficile con il proprio corpo, a seguito di malattia devastante, potrà vedersi riflessa . L’autore parla di corpo precipitato in fiume, che “trasportava fetore umano”, di “corpo profanato”, segnato da “solchi che inquietano” l’anima. È stupito e imbarazzato per il nuovo corpo, “coperto di feci e di vergogna”, “diventato una larva”. Lotta, aggrappandosi alla “riva” (alla vita) “per non finire inghiottito”; urla per essere strappato “ai gorghi. Questo uomo, oltre che forte, è ambizioso, concede perciò solo “ bambini sarcastici” di schernirlo. È orgoglioso, non vuole che sia umiliato, implora quindi al Signore affinché si riprenda il suo corpo nella sua “interezza”. È anche uomo debole, che piange e rifiuta la condizione provocata dall’infermità.

/…/ «Versi dietro ai quali sembra celarsi il senso di inadeguatezza di chi non è più sano; che rinviano allo scenario della società consumistica e edonistica del nostro tempo, fatta di uomini belli e perfetti, dove, chi è malato, purtroppo, resta indietro, sentendosi emarginato, annullato, deprivato persino del corpo. “Io sono sereno, forte - dice, - non il fragile Francesco, sono una canna che si piega fino a terra a provare sensazioni e sofferenze straordinarie, forti, ma poi si rialza, narrante con un canto di ringraziamento e di stupore per essere rinato”. Una canna che si prostra ai volere del vento, dunque, senza mai piegarsi del tutto, che si rialza, infine, per narrare un canto di ringraziamento.

/…/ «Altro elemento ricorrente è la luce: In “Un nuovo cammino” (pag. 10) si legge: “Chissà se la notte è passata. / Forse ancora verrà / col suo cantico di oscurità / laddove credevo di vedere luce, / a tendermi un’imboscata”. In Implorazione (pag. 11): “Maria è luminosa e solenne a tracciare la strada agli uomini”. In “Risveglio”… le luci si sono accese alle finestre … . Anche il dolore ritorna a urlare”. In “A Giuseppe” : “Voleranno gli angeli a portarti in cielo dove il dolore si muta in luce.” In Sia più lieve il mio tempo scrive: “La luna impallidisce/ … silenziosa si eleva la cielo/ a consumarsi in un abbraccio di luce”. “Illumina… / la mia anima con l’ultimo tuo sospiro,/ perchè sia più lieve il mio tempo /soffocato dal buio della croce”.

/…/ «Anche il tema dell’acqua è presente in molte poesie, richiamato atraverso le scene delle lacrime (“Mi sono spogliato, mostrando le mie ferite / e piangevo su quei solchi / che inquietano l’anima mia. // E tutti versavano lacrime / e mi bagnavano le membra… /, “di padre … che piange”, “Domani lascerò questa Terra vinto dalla solitudine / che si è mutata in malinconia e pianto”); del fiume (l’immobilità del Lario), dei paesaggi (“le case affacciate all’acqua”, “l’acqua nella piscina è luccichio perpetuo”, “I gabbiani ghignano a filo d’acqua”). L’acqua ha un significato speciale per i cristiani, simbolo del battesimo, del rinascere a nuova vita.

«Prima di chiudere queste note di commento vorrei sostare su “Sentieri infiniti”, la poesia che dà il titolo alla raccolta, conferendole finalmente un tono gioioso, alleviandola dalla cupezza che attraversa quasi tutti i brani. Un componimento di 17 versi, che ricorre a suoni e immagini, per esprimere il motivo del canto. Canto che nel primo verso si fa “voce”, nel quinto “sgorga dalle labbra”, nel nono “gorgoglia dalla bocca”, nel dodicesimo si colora di “melodia” e si esprime nella “visione di donna” possente, dagli occhi smarriti, che fanno vibrare le sue stanche membra. Canto che, nell’ultimo verso, stupisce, per narrare le meraviglie dell’infinito.

«Pare di leggere la storia della sua vita, che si snoda principalmente tra la terra di Puglia e quella del comasco, passando attraverso l’esperienza del seminario. In altri lavori ho già evidenziato l’amore profondo e nostalgico verso la sua terra garganica, a cui Francesco Bocale resta ancorato, quando è costretto a sradicarsi, senza tuttavia restare impedito, impegnato a tessere nuovi rapporti nella città di residenza. Sono vivi, indelebili, comunque, i ricordi dell’infanzia, i taralli, la “pizza negata”, il vino buono, la mamma lontana, il papà che non è più, gli ulivi, il Varano, i “pettegolezzi” dei cagnanesi, le passeggiate sulla “coppa”…»

Arrivederci Francesco, “la tua terra, il tuo lago, il tuo mare, la tua gente, ai quali ti sei sentito sempre legato, ti abbracciano e ti accompagnano con la preghiera nei sentieri del giardino di Dio.”

Piero Giannini

 Redazione

 

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