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15/02/2009

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DUE VITE, UNA SOLA SOFFERENZA

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Riporre nell’altro il ritrovamento dell’autenticità del proprio esistere, specialmente se l’altro è un figlio, come accade nel veritiero film di Gianni Amelio “Le chiavi di casa”, più che a risolvere la propria vita serve a renderla umanamente significativa, anche se conduce alla cognizione del dolore. Il finale del film annuncia un inizio senza molte speranze, con l’accettazione di intraprendere una vita insieme da condurre nei fastidi e nella fatica di ogni giorno. L'amore da solo non basta se non c'è una necessaria assunzione di responsabilità.

Quando il padre consegna idealmente al figlio le chiavi di casa che gli aprono le porte del suo cuore, implicitamente accetta anche di farsi carico della sofferenza, da cui il figlio è protetto dalla stessa malattia che ne è la causa. Il fragile ragazzo va soggetto ad accessi critici che lo rendono sordo ai ragionevoli richiami paterni di comportarsi correttamente. L’allontanamento dal consorzio umano rende inquietante la presenza del disabile caratteriale, rendendo visibile la frattura tra le due condizioni, aliene l’una all’altra e spesso inconciliabili.

Il consolatore del padre è lo stesso figlio crocifisso dalla malattia. Il binomio indissolubile è sancito dal loro auto-isolamento nel paesaggio lunare del freddo inverno norvegese. Film crudo nel voler affrontare realisticamente la problematica importante dell’handicap, nei risvolti umani e familiari che essa pone., senza concessioni ai toni da commedia del capostipite hollywoodiano del genere “Rain man” (la prima pellicola della rassegna presentata nel nostro cineforum),

La concomitanza della data di questo quinto incontro con la festa di S. Valentino ha penalizzato la partecipazione all’evento di quanti hanno preferito festeggiare la romantica ricorrenza con un programma più conviviale. La difficoltà di fruizione della pellicola ha innescato in molti l’istinto alla fuga dal troppo impegnato argomento del cineforum.

Maria Mattea Maggiano

 Redazione

 

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