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13/02/2009

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Clicca per Ingrandire Liberamente ispirato al libro “Nati due volte” di Giuseppe Pontiggia, “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio (2004, durata: 105’, premiato con 3 Nastri d'argento: regia, fotografia, Luca Bigazzi. Fonico, Alessandro Zanon), improntato a “una morale della necessità”, racconta la storia della fatica di vivere insieme nei fastidi quotidiani, quando non ci si rifiuta di assumersi le proprie responsabilità. I movimenti difficoltosi del diciassettenne disabile interprete di Paolo imprimono grande forza al film, allo stesso modo che nella vita reale, dove una persona disabile compie ogni giorno uno sforzo sovrumano per entrare in contatto con coloro che lo circondano. La sceneggiatura scritta con Rulli e Petraglia esplora il senso di colpa per l’inadeguatezza che provano quanti si trovino a prendersi cura di un portatore di handicap.

Gianni, quindici anni dopo aver abbandonato il figlio nato disabile, si ritrova a occuparsene nel corso di un viaggio per raggiungere una clinica di Berlino, dove il ragazzo seguirà una terapia riabilitativa. Nel corso del soggiorno nella città tedesca, il padre imparerà a non vergognarsi di amare il figlio, nonostante le sue esagerate manifestazioni sia a livello dell’espansività affettiva sia sul piano delle reazioni di chiusura, spesso in preda ad automatismi ripetitivi che gli procurano sicurezza, ma altrettanto soggetto a regressioni rispetto ad atteggiamenti che si ritenevano ormai acquisiti. Le reazioni inattese di Paolo sono come le sabbie mobili dell'incertezza sulle quali costruire con delicato amore, giorno dopo giorno, una rete di piccoli segni fondamentali.

Quando Gianni decide che lo terrà con sé nella sua nuova famiglia, in una deviazione del viaggio in macchina verso la Norvegia, l’idillio s’ interrompe. Andrea, dal fondo dei suoi malesseri, si fa imprevedibilmente dispettoso, lo sguardo bellicoso, non è più il delicato ragazzino da proteggere, si polarizza con le proprie idiosincrasie, nel faccia a faccia con quelle paterne già in fase di superamento. Gianni finalmente piange per la delusione e la paura del futuro. Sarà Andrea, superata la crisi, a consolarlo e a sentirsi finalmente figlio.

Nel film il protagonista esalta l’altro come scoperta dell’autenticità del proprio esistere e quest’altro è un figlio. Amelio è convinto che ci si commuova davanti alle difficoltà fisiche, motorie, ma si è meno tolleranti verso quelle mentali, caratteriali, sociali. E’ necessario un atto eroico in tutti coloro che vogliono, devono e non sempre riescono ad amare un disabile mentale.

Maria Mattea Maggiano

 Redazione

 

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