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23/01/2009

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PROSA CHE DIVENTA POESIA

Clicca per Ingrandire Per capire e avvicinarsi ai contenuti di “IL GOLFO DELLE ORE ASSENTI”, bisogna conoscere l’autrice. Chi è Paola Marino? Paola Marino è una donna capace di mettere in prosa l’anima poetica che è in lei, che la pervade e la nutre come linfa irrinunciabile per quanto sia vitale. Una donna in grado di farti vedere il sole là dove tutto è nuvolo, il colore là dove tutto è grigio, il candore là dove tutto è malvagio, il sereno là dove tutto è uragano.

Una donna che riesce a scrivere frasi di questo spessore: “Ti porterò laddove il vento scolpisce gli spigoli fino a far cantare anche la più tagliente della roccia, là dove il mare brilla di turchesi e bollicine sulfuree, nei segreti antri della mia incoscienza, dove il chiarore del sole è assoluto ma morbido. Nude le parole, ferme le lancette, un incanto di tempo e spazio capace di guarire nel sale ogni ferita. E il fuoco che arde nei tendini dell'anima, che sfiora e afferra ancora voglia di vivere”.

Oppure, sfiorando il lirismo più totale, assoluto: “Il silenzio di un mattino di pioggia accarezza di fresco le spalle: un attimo intenso e solitario che scivola in istanti come l'odore della pioggia misto a quello del primo caffè. Finestre e porte aperte perchè l'aria possa entrare portando ossigeno alle cose, un respiro più profondo. Mi affaccio sulla soglia del balcone in cerca di spicchi di cielo grigi carichi di pioggia. Un temporale che sta per arrivare, qualcosa di nuovo, una pagina che si volta, una stagione che muta fuori ma dentro ancora estate, l'anima che si spoglia per bagnarsi e sentire tutti i brividi. Si sveglia la strada, piccole note che librano nell'aria, brevi scatti e sorrisi. Infondo il cielo grigio non è che una pagina monocromatica per scriverci con tutti i colori. Più da vicino le carezze delle gocce, lucenti e trasparenti, lacrime di piacere, salate come quelle di dolore, gocce che lavano e portano via.”

O ancora, in un turbinio di memorie mai plastiche in cui il ricordo si fa nostalgia e la nostalgia malinconia, accettata però con distacco e senza rassegnazione tramutandola quasi in una corazza difensiva: “Ci ritroviamo tutti qui, in fila, a volte silenziosamente, altre volte ciascuno con la sua musica dentro alla macchina, o semplicemente nella cassa di risonanza del cuore. Ci ritroviamo qui, a scrivere nell’attimo sospeso della sabbia e dell’onda, quando il cielo gravido di colori esplode di rosso, e anche l’azzurro terso del mare allora sembra bagnato di sangue, ma leggero. Si allungano le ombre, si scuriscono le sagome sulla riva: tutto diviene quasi sacro e regale, eppure palpabile concreto vero. Siamo qui, immobili spettatori dai pensieri a raffica, dai battiti impazziti, mano nella mano, o per mano alla solitudine, ciascuno con la propria onda da leggere. Fino a perdersi un po’ tra le sfumature, e in questa schiuma che sembra una samba impazzita di luce e suoni mentre sbatte sugli scogli. In fondo all’orizzonte qualche passaggio inaspettato, scie di rotte ricamano il cielo. Eppure nel cuore basta un punto, uno solo, per rendere crepuscolo ogni emozione. Sigillate, quasi segrete, lentamente lungo la schiena talvolta fibrillano. Come se tutto il tempo, se ogni dove si desse appuntamento qui, in questo istante di trapasso, unico, per tutti, e per ciascuno. Ed io questo rosso lo vivo sulla pelle, portandolo con me, nei miei giorni, cucito discretamente sole dopo sole, nel marrone dei miei occhi.”

Non tralasciando considerazioni da massimi sistemi, non tralasciando salaci ‘pinzate’ a personaggi ben noti, considerazioni che maggiormente la riportano a radicarsi alla prosa, tipo: “Israele inizia il ritiro. Olmert: «Via il prima possibile». Dopo che il premier israeliano ha annunciato il cessate il fuoco unilaterale nella Striscia di Gaza, anche Hamas ha annunciato la tregua. Nella serata di domenica le truppe israeliane hanno iniziato il ritiro. In giornata alcuni razzi avevano colpito il sud di Israele, che aveva risposto con un raid aereo. A Sharm un vertice convocato da Mubarak ma senza palestinesi. Berlusconi: ‘Carabinieri ai valichi di Gaza’... che dire?... ma un test del quoziente intellettivo prima che si candidano premier proprio no???? qualunque cosa è superflua.”

Per tornare poi all’andante adagio delle emozioni in provetta, pronte a trasfigurarsi in organismi viventi e questi a loro volta pronti a divenire pensanti, alla ricerca di trascendenti mete, di nuovi spazi, di ambiti meno pericolosi, di sghiaccianti solitudini, di… “Il mio volo”: “Fluttuare, è qualcosa di diverso dai simili planare e volare. Ieri ho visto il cielo riempirsi di aquiloni. Diversi, per colore, forma, elasticità, distanza dalla terra, fedeltà al sottilissimo filo che li teneva ancorati alla sabbia. Fluttuare. Qualcosa che somiglia al volo nello spazio, con assenza di gravità. Fluttuante, come un po' il cinema e le sue immagini (r)accordate. Fluttuare, in cielo aperto, con il mare dinanzi e un legame invisibile per non lasciare i piedi. Ecco. Mi piace molto fluttuare di più. Gli aquiloni si muovevano senza fretta, come in un ralenti pieno di senso e dinamismo. Come se importasse certo muoversi, ma anche godersi il momento. Così, al crocevia tra cielo mare e sabbia, come tre tempi diversamente coniugati, come tre spazi, mentali, che si intersecano. E di quei voli tappezzare l'azzurro, e per quei voli tenere gli occhi spalancati e sognare, sofficemente, col naso all'insù. E da quei voli guardare impavidamente il mare negli occhi, con capriole al posto dei battiti. Fluttuano i miei desideri, i miei sogni, i miei timori, ognuno con i suoi colori, con le sue forme, un po' come nuotare, ma senza il peso dell'apnea. Ed in piena luce. Si. Sto fluttuando. In un qui denso e profondo, che si allunga liquefacendosi in sprazzi di futuro. Si, sto fluttuando, sciogliendo lentamente i miei fili che mi legavano a terra, per annodare legami con fili invisibili, e meno taglienti. Sto fluttuando, e ogni movimento è emozione, ogni battito di vento sul mio volo, respiro carezza. E ancora. Fragore di sorriso. Almeno qui, tra gli aquiloni.”

O alla liricità delle ‘città invisibili’ che la colmano di desideri di fantasia pronti a lanciarla al di là delle strutture umane e rincorrere aneliti di libertà e compiutezza: “E' una finestra aperta, all'incrocio di due vicoli con una tenda bianca che si indora di alba. Fra le pieghe odore di blu marino e di vino rigorosamente rosso. E' musica che scorre come i piedi della gente lentamente nell'unica strada, di fianco al mare, oltre al muretto bianco l'immensità. E la profondità. E' un pensiero che rimbalza selvaggio nei boschi, nelle lievi onde, nella limpidezza troppo assoluta del cielo. Ma non si schianta. Resta a cullare l'umanità nascosta nella bellezza di occhi che si stupiscono, nelle mani che scaldandosi si appartengono. Sono grotte segrete nel simposio d'amore. Sono momenti in cui si rincorre il sole, ed altri in cui l'ombra può essere scoperta fascino ristoro e riconciliazione, con sé, con l'altro nella rispettiva dark side. E' una baia che resta lì, in attesa, a conquistare. Pronta a dare aria prima che l'anima prenda il volo, è lo sfondo per la rincorsa su cui si muove la vita. E' un letto chiaro dove due amanti fanno musica, le note ballano corpo a corpo, una sinfonia reciproca, certamente un dialogo silente ma denso di contenuto. Laddove nell'abbraccio primordiale il piacere dalle profondità delle membra si eleva, fino a toccare la sacralità dell'essere.”

Mai disdegnando, tuttavia, l’autentico moto poetico che rifugge dal quotidiano, invano, perché ad esso ritorna al pari di spirale anomala che invece di allontanarsi dall’epicentro, da questo venga attratta, come nel ‘dejà vu’: “Ogni malinconia è stesa / In olio sulla pelle / Perché fossero impermeabili / Quelle segrete vie solitarie / Che improvvisamente / Risuonando inquietano. // Ho ripulito i miei occhi / Da crepuscoli insanguinati / E voli troppo audaci / Inventandomi bugie / E sentirmi guarita. // Accartoccio cartografie / perché non c’è codice che salvi / l'anima dalla dimenticanza, / dall’incomprensione e dall’oblio. // Ma nel silenzio della notte / nessuna paura manca, / bisbigliano ovattandomi, / quasi una ninna nanna, / dove il cuore dondola, / inabile trapezista / su una corda smarrita.”

Sono questi buoni motivi per non evitare di allineare fra i ‘tomi’ prediletti della propria libreria la deliziosa fatica di Paola Marino?

Piero Giannini

 Redazione

 

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