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04/01/2009

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I “DISTRUTTORI” VENUTI DA FUORI

Clicca per Ingrandire Contrariamente al detto peschiciano “i frustair’ l’a frustà”, la storia ci porta mille esempi sulla nostra buona e radicata abitudine di accogliere bene i forestieri. Un altro detto si contrappone al primo dicendo che “a Peschici i frustair i nduran”.

Chiunque sia giunto fin qui, dalle nostre parti, può esserne testimone: è stato ben accolto. Tanto che si contano a decine i semplici turisti che hanno deciso di avere qui una piccola casa per godere più spesso le nostre ricchezze. Specialmente in bassa stagione quando la vita scorre senza fretta e non è difficile fare delle chiacchierate per strada stringendo nuove amicizie. Anche chi per qualche anno risiede a Peschici per motivo di lavoro, andando via resta legato, quasi imparentato con la gente del posto.

Le critiche non mancano, del resto i motivi di queste ultime infastidiscono e non poco anche chi qui è nato. Per questo chi va via per studio o altro cerca di farsi una vita altrove. Il “richiamo della foresta” però resta semre vivo e ogni progetto per il futuro porta spesso da queste parti. Si pensa di tornare un giorno per rivivere quella sensazione di “grande famiglia” che è rimasta nella mente. Forse perché la lontananza scolora un po’ i lati negativi mentre accende le cose semplici e belle del passato.

Oggi però c’è un fenomeno diverso, che subdolamente si fa strana e credo sia il caso di contrastare. Chi torna al paesello, il turista che l’ha scelto per rilassarsi e vivere un po’ in semplicità, ma anche chi non è mai andato via si sente combattuto dai DISTRUTTORI VENUTI DA FUORI. Non sono qui per scelta e forse questa imposizione è mal digerita. Il punto è che non gl’importa nulla della nostra storia. Il loro scellerato obiettivo è solo quello di distruggere, annullare, cancellare tutto quello che c’è stato prima, tra l’altro senza una motivazione sensata.

Henri Bergson, filosofo francese e Premio Nobel 1927, sosteneva che “la linfa vitale, la forza interiore per un uomo sta nella capacità di ricordare il suo passato o nella speranza del proprio futuro. Quando la profondità di questi angoli visivi, si attenua, allora è inevitabile la crisi dell’individuo”. Sempre più spesso nelle scuole, nelle associazioni culturali, laddove si fa aggregazione si cerca di riscoprire il passato, anche perché da esso si può partire per migliorare. Dalla rilettura di ciò che è stato si possono prendere spunti per fare, con le attuali risorse, quanto non è riuscito prima forse per mancanza di mezzi o cultura, ma non certo per scarsità di saggezza.

E allora, se è vero com’è vero che le nostre tradizioni sono la nostra cultura ed essa la nostra identità, è inammissibile questa invasione che certo non è culturale ma distruttrice. Si intende distruggere la nostra identità, non si capisce bene poi a favore di chi o di che cosa. Siamo ben disposti a correggere o migliorare le nostre tradizioni ma non bisogna annullare mai questo legame tra passato e futuro perché noi siamo l’anello che rappresenta l’oggi, non dobbiamo passare alla storia per aver cancellato ciò che ci ha resi quello che siamo e che abbiamo. E’ una questione di cultura da difendere e se ci sono riusciti i nostri avi…

Maria Rosaria Tavaglione

 

 

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