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22/12/2008

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LE DISTRAZIONI DEL “MIGLIORE”

Clicca per Ingrandire Se già si cominciasse a dosare la scaletta degli interventi nei consessi del Partito Democratico, con una cadenza liturgica meno alternante tra ex Ds ed ex Margherita, almeno attraverso il subliminale, si darebbe un primo segno concreto d’avvio di quel processo innovativo, sicuramente più ampio, ripetutamente auspicato e diventato “vitale”, nel documento approvato dall’ultima direzione al Circo Massimo.

Se pure si cominciasse ad avere un po’ meno timore riverenziale nei confronti del pontificare dei cosiddetti “senatori” del partito, e si provasse ad inchiodarli alle responsabilità dell’influenza fatta sentire, di volta in volta, nei passaggi cruciali della sua vita politica, sarebbe un altro coraggioso e significativo passo, verso quella ricercata corrente di aria fresca.

Sentirsi ed essere apprezzato come il “Migliore”, inevitabilmente, favorisce la tendenza all’uso della bacchetta. Ma, per quanto stimolante, risulta piuttosto sfacciato lamentare e rimproverare la malriuscita dell’amalgama, quando si è intervenuti col peso dell’autorità riconosciuta nella modifica delle dosi, della preparazione, della sua composizione e persino dei suoi tempi di cottura.

Essere il “Migliore” e per questo denunciare un deficit di “autorità e autorevolezza”, per quanto stimolante, stride con la sfuggente distrazione dal supportare il Segretario (almeno come miglior suffragato europeo di riferimento) e prendere chiara, pubblica ed autorevole posizione, nei confronti di casi eclatanti come quello esposto da Massimo Brutti: “In Campania il presidente della commissione Affari istituzionali (dell’Udeur) ha l’obbligo di dimora ed è parente di camorristi. Qualcuno gli ha mai chiesto le dimissioni? La verità è che in Campania la parola dimissioni è impronunciabile”.

Negare l’effetto nella sostanza delle correnti, come fa Massimo D’Alema, perché non costituite formalmente, e al canto del gallo riconoscere “che sono un male, ma almeno mettono un po’ d’ordine”, è decisamente da “Migliore”. Ma certamente non contribuisce a rendere l’amalgama più appetitoso. Se poi la stessa controvoce del “Migliore”, il senatore Latorre, addita con disinvoltura l’inadeguatezza delle classi dirigenti locali, dimenticando come, chi e in che modo esse sono state a suo tempo “nominate” (salvo qualche encomiabile eccezione), si ha davvero la sensazione che la sindrome di Flaiano stia continuando a mietere vittime: “ Poche idee , ma confuse”. E a proposito di essere o sentirsi all’altezza, da qualche giorno aleggia con terrore un nuovo rischio. Che venga scambiata l’alba del “partito che ancora non c’è”, come sostiene Piero Fassino, con i colori vivaci e ammalianti della Parietti.

Prosit!

Antonio V. Gelormini

 Redazione

 

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