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19/12/2008

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IN ATTESA DEL BAMBINELLO A...

Clicca per Ingrandire Ecco le testimonianze raccolte a Ischitella, Carpino, Rodi e Sannicandro Garganico (ricerca coordinata dalla prof.ssa Teresa M. Rauzino)

ISCHITELLA - La "presentazione" del Natale, come da tradizione, iniziava l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione dedicato alla preparazione del presepe con la capanna, le casette fatte di cartone e le statuine dei pastorelli modellate a mano con l’argilla rossa. Il giorno di Santa Lucia si preparavano le “statiole” che andavano dal 13 fino al 25 dicembre e si diceva che questi giorni portavano tutti i mesi dell’anno. Il 13 c’era un detto: “ Sante Necòla a Natal diciannove, Santa Lucia a Natale tredicine”.

Quattro o cinque giorni prima di Natale si preparavano “crustoli, cavciungid e struffl”. La notte del 24 si andava in chiesa e tutta la gente portava i capitoni, le pecorelle e le pentole da donare a Gesù bambino. Il giorno di Natale si riunivano tutte le famiglie e dopo mangiato si cantava la venuta di Gesù bambino. (Maria Consiglia Coco Piccolo)

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Le feste natalizie erano molto attese dai nostri nonni perché era una festa per tutta la famiglia, in cui si mangiava abbondantemente, si indossavano vestiti nuovi o dei propri fratelli ed era un giorno di pieno divertimento. Il Natale era la festa più bella e più calda, in cui si riuniva tutta la famiglia per festeggiare.

L’8 dicembre, il giorno dell’Immacolata Concezione detta dagli antichi “a Cuncett”, si preparava nelle proprie case un piccolo Presepe e l’albero di Natale abbellito da arance, limoni, melograni e caramelle. Nell’attesa del giorno di Natale, le donne di casa preparavano dolci fritti particolari di quel periodo: pettole, struffoli, crustoli con noccioline, mandorle con vincotto o miele, e calzoncelli ripieni di vincotto mandorle e ceci.

La notte del 24 dicembre tutta la famiglia andava in Chiesa per ascoltare la Santa Messa portando qualcosa in mano: agnello, capretto, gallina, arance, limoni, frutta secca, anguille e altre cose…e le mettevano vicino al Presepe. Il giorno di Natale tutta la famiglia festeggiava, si pranzava a base di pesce, bevendo il vino fatto da loro detto: “paesan” e cantavano canti natalizi. (Giulia Cataneo)

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Il Natale dei miei nonni era molto più semplice di quello dei nostri tempi. I miei nonni si accontentavano di tutto, pure il regalo più banale era il più bello per loro. Dal 13 novembre al 24 dicembre si inizia a contare un mese per ogni giorno. Mi racconta mio nonno che erano questi i periodi in cui si facevano i dolci tipici (i crustl, cavciuncidd, i struffl, i chiacchir…).

Solitamente si aspettava la notte di Natale per poterli consumare. Il 24 si andava ad ascoltare la messa natalizia notturna, il capo famiglia accendeva il fuoco per arrostire la carne e il pesce, soprattutto il capitone. La notte di Natale si cantavano i canti tipici mentre la notte di S. Silvestro si lanciavano gli oggetti vecchi dal balcone per scacciare via l’anno vecchio e dare il benvenuto a quello nuovo. (Antonio Pizzarelli)

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Le feste per lo più religiose venivano attese con gioia da tutti, per diversi motivi: c’era abbondanza di cibo, tornavano i parenti per vivere insieme le tradizioni. Ad esempio si “ingegniava” (indossare il vestito nuovo o rimediato). Natale era la festa più bella e attesa dell’anno: la festa delle famiglie al completo riunite attorno al camino dove scoppiettava “u’cippone” (gran ceppo) che era già stato messo da parte e doveva bruciare per tutta la notte santa.

Per la gioia dei bambini, dal giorno dell’Immacolata Concezione (8 Dicembre "a Cuncetta") si allestiva in ogni casa un piccolo presepe coi personaggi principali realizzati con la creta,o addirittura mollica di pane o cera. Non mancava l’albero di Natale che era un ramo ornato con arance e limoni. I grandi, e precisamente le donne, erano indaffarate a preparare dolcetti fritti particolari: struffoli, crustoli, cavicioncelli ripieni di crema a base di ceci, miele e cacao, pettole (foto del titolo; ndr); questi dolci dovevano durare per tutto il periodo delle feste.

La sera del 24 si consumava la cena a base d’anguille con senapi, spigole e anguille arrostite, baccalà fritto e tante altre cose, che la padrona di casa portava a tavola. Si mangiava con allegria gustando un bicchiere di vino novello e intonando canti natalizi. A mezzanotte tutti andavano a messa portando sulle spalle o tra le mani qualcosa: un agnellino, un capretto, una gallina, un piccione, arance, limoni e frutta secca, un listino di pesce, dolci… Si cercava così di far rivivere lo scenario del vero Natale del Signore. Il giorno di Natale ci si riuniva di nuovo per consumare il pranzo. (Gemma d'Avolio)



CARPINO - Mio nonno mi ha raccontato che il Natale prima era molto povero, ma quel poco che loro avevano li rendeva molto felici. Prima chi aveva qualche soldo da parte aspettava il Natale per farsi una giacca nuova o un paio di scarpe nuove. Nei giorni precedenti la festa, la nonna e qualche parente o vicino di casa si riunivano per fare tanti fritti: “pettole”, “struffoli”, “scartellate”, e molti altri dolci. I nonni ammazzavano il maiale che avevano cresciuto nella stalla, con la carne preparavano salsicce, prosciutto, poi col sangue del maiale preparavano una cosa buona per i bambini, il cosiddetto: “lu sagnnat” che era come la nutella di oggi, che prima non c’era.

La mattina di Natale, i nonni si alzavano verso le 3, le 4 di notte per andare al bosco a raccogliere legna e ritornare a casa presto per andare alla messa di Natale. Dopo la messa, si rientrava a casa e tutti i parenti si riunivano per festeggiare il Natale. Si restava fino a tarda sera a ballare e mangiare. (Angelo Mitrione)

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I preparativi per il Natale iniziavano l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione. In questo giorno veniva preparato il presepe. Veniva creato con il cartone, l’erba veniva simulata con muschio e i personaggi venivano fatti a mano. Due o tre giorni prima di Natale venivano preparati i dolci natalizi, come ad esempio “ crustoli, cavucncedd, pettole…”. La notte della vigilia tutta la gente del paese andava in chiesa a celebrare la nascita del Bambinello, portando con sé i doni: un capretto o il capitone (“ u capton”) e le pettole. La mattina di Natale tutta la famiglia si riuniva a mangiare, tutti insieme, mangiando capitone e altri cibi di quel tempo. Così, finito di mangiare, si riunivano attorno al camino a cantare e suonare con tamburelli e nacchere.

La sera del 31 dicembre, tutta la famiglia si riuniva a tavola, bevendo vino paesano e mangiando vari tipi di carne. Arrivati alla mezzanotte, si affacciavano alla finestra e buttavano roba vecchia che faceva rumore, per scacciare l’anno vecchio, come ad esempio bicchieri e piatti. Il 6 gennaio tutte le mamme mettevano davanti al camino delle calze con dentro mele, arance e carbone. Un antico detto era: “Quando arriva l’Epifania tutte le feste si porta via”. (Michele Vicedomini)

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Le feste erano molto importanti soprattutto perché c’era abbondanza di cibo e si riunivano i parenti per passare insieme le feste. La notte del 24 dicembre si celebrava la messa per la nascita di Gesù Bambino. Nelle case veniva fatto il presepe, all’inizio e alla fine del presepe c’era un filo dove veniva steso il corredo del Bambinello. Nel presepe i personaggi principali erano fatti di creta o mollica di pane. L’albero di Natale veniva ornato con arance e limoni.

La notte di Natale si riunivano insieme a tutti i parenti per festeggiare la nascita di Cristo. Ognuno portava sulle spalle qualcosa: una gallina, arance, limoni, agnelli. Poi il mattino seguente si riunivano per consumare il pranzo: anguilla arrostita, baccalà e dolci fritti (pettole, struffoli e cartellate). Tutto ciò veniva accompagnato con vino paesano. A Capodanno tutti i parenti si riunivano come da tradizione per mangiare insieme. Arrostivano carne, pesce e facevano come usanza “u rot’ d’ patan’ e mangiavano i fritti che dovevano durare per tutto il periodo natalizio. Allo scoccare della mezzanotte si davano gli auguri di rito. Per scacciare l’anno vecchio e inaugurare quello nuovo si buttavano piatti e bicchieri vecchi.

Si usciva di casa e cantando si andava a casa dei vicini, se per caso dormivano venivano invitati ad alzarsi. Dopo aver sentito gli auguri cantati, aprivano la porta e la padrona di casa offriva tutto ciò che aveva in casa e si restava in compagnia fino a notte fonda, cantando e giocando o a tombola o a carte. La notte del 5 gennaio veniva vissuta dai bambini con molta attesa perché appendevano la calza al caminetto, aspettando l’arrivo della Befana, una signora anziana d’aspetto, vestita di abiti vecchi. I bambini l’attendevano perché erano stati buoni per tutto l’anno. La Befana puniva i bimbi cattivi con cenere e carbone invece dei dolci. La mattina del 6 gennaio i bambini svuotavano le calze e contavano i regali portati dalla Befana. (Giulio Di Lella)

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A quell’epoca, il Natale era un momento di gioia perché si riuniva tutta la famiglia. L’8 dicembre (giorno della Concetta) si preparava il presepe, le casette erano fatte di legno e le grotte con carta marrone. La neve era creata con batuffoli d’ovatta. La sera della Concetta si accendeva un gran falò e intorno si mangiava e cantava. Il 24 dicembre, vigila di Natale, si preparavano i dolci tipici (pettole, scartellate, struffoli, cavincioncelli) che dovevano durare per tutto il periodo delle feste.

La sera si riunivano per consumare la cena e verso le 22. 30 si andava in chiesa ad attendere la nascita di Gesù Bambino. Quando si andava a messa si portavano piccoli doni per il nascituro. Il giorno 25 dicembre (Natale) si riuniva tutta la famiglia e si faceva un gran cenone (foto sotto, uno dei piatti natalizi), i piccoli che andavano a scuola, mettevano sotto il piatto del padre una piccola lettera in cui auguravano un Buon Natale e un Buon anno. La sera si riunivano davanti al caminetto, si raccontavano delle storie e si giocava a tombola o a carte.

Il 26 dicembre, giorno di santo Stefano, le madri portavano i neonati a visitare il Bambino Gesù. Una leggenda di Ischitella racconta che una donna senza figli prese un cuscino e lo travestì da bambino e il Bambinello lo trasformò in un vero bambino. La sera del 31 ci si riuniva tutti insieme in casa, amici e parenti. Si consumava una grande cena. In onore dell’anno nuovo, si ammazzava l’anguilla più grande che si poteva trovare, si arrostiva sulla brace, si beveva vino novello. Arrivata la mezzanotte si usciva sul balcone e si buttavano piatti e bicchieri vecchi (si diceva che si scacciava l’anno vecchio e s’inaugurava l’anno nuovo).

Il primo giorno dell’anno si usciva con la famiglia e si augurava a tutti un buon anno nuovo. La sera del 5 Gennaio (vigilia della Befana) tutti i bambini mettevano una piccola calza agurandosi che la Befana passasse di lì e non lasciasse del carbone. Al mattino del 6 gennaio, i bambini andavano vicino al camino per guardare cosa aveva portato loro la Befana. A quell’epoca, nella calza si mettevano arance, mele e caramelle alla liquirizia e qualche volta anche dei giocattoli, ma soprattutto c’era del carbone… (Rosalba Basile)

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Ai tempi di mia nonna circa negli anni trenta, il Natale si festeggiava così: la vigilia di
Natale si riunivano tutti in casa della nonna o in casa della mamma, per fare i fritti. Per i bambini di allora era un giorno fantastico, non tanto perché si riunivano tutti in casa, ma per quell’ atmosfera che solo il Natale sapeva dare. Poi la notte di Natale si faceva il cenone con tutti i parenti riuniti e si ballava e cantava con chitarra, castagnole e tamburi a ritmo di tarantella fino alla mattina del giorno seguente. Il giorno di Natale, poi si mangiava tutti insieme. Giuseppe Gerratana)



RODI GARGANICO - Il Natale a Rodi Garganico, come penso per tutti i paesi garganici, era un appuntamento importante della vita cui ci si preparava con fervore e spirito religioso. Quotidianamente si cantavano i giorni mancanti e fin dai primi di dicembre nelle case s’affrettavano a preparare le riserve alimentari: salsicce, pancette, vincotto, taralli, e poi ci si deliziava con rosoli e limoncini.

Si preparava l’albero di Natale che veniva preso nelle pinete e veniva abbellito con caramelle, biscotti fatti a mano, cioccolatini e fili di cotone tra i rami. Il presepe veniva allestito con montagne di carta, prati di muschio, case di cartone o legno, laghetti con pezzi di vetro e di specchio, sentieri di farina e pastori di creta. Veniva poi legato un filo a partire dall’inizio del presepe e per finire appunto alla fine di esso, dove veniva steso il corredo di Gesù Bambino ricamato a mano.

Nelle serate fredde ci si riuniva intorno al fuoco del camino e si giocava a tombola, al gioco dell’oca e al sette e mezzo, e tra un gioco e l’altro si cantavano ninne nanne e nenie. La sera di Natale ci si riuniva intorno al tavolo e si mangiava baccalà fritto e anguille arrostite. Per dolce c’erano crustoli, crespelle, struffoli, cartellate e ostie ripiene di mandorle abbrustolite e miele.

Contribuiva a rendere più gioiosa l’attesa del Natale, il suono delle zampogne dei pastori abruzzesi. Le funzioni religiose venivano svolte nella chiesa di San Pietro, dove veniva celebrata la novena. La notte di Natale invece la messa si teneva alla Madonna della Libera dove veniva e viene tuttora preparato il presepe. Si cantavano le melodie “Tu Scendi dalle Stelle” e “Astro del ciel”. (Lucia Delle Fave)



SAN NICANDRO GARGANICO - Il Natale per i Cristiani è sempre stata la festa più importante dell’anno. Infatti, per l’occasione si preparavano feste molto belle e organizzate. Gli invitati erano di solito i componenti di tutta la famiglia, che per quel giorno si ritrovavano tutti insieme a festeggiare. La festa incominciava l’8 dicembre, quando si preparava l’albero e il presepe. Ma, aspettando il Natale, c’era una canzoncina che contava i giorni, partendo dal 25 di novembre: Santa Caterina a Natale la trentina / Santo Nicola a Natale il diciannove / Santa Concetta a Natale la diciassette / Santa Lucia a Natale la dodicina.

Ad allestire l’albero partecipava di solito tutta la famiglia. Gli alberi erano tutti sintetici, visto che gli abeti non si trovavano facilmente. Erano adornati con palline di vetro colorate e decorate, con fili dorati e argentati. Per il presepe, si raccoglieva qualche giorno prima il muschio, per renderlo più vero. I miei nonni, avendo molto spazio in casa, realizzavano un presepe enorme, con fiumi e laghetti. Inoltre, allo scoccare della mezzanotte, il giorno di Natale si ritrovavano tutti davanti al presepe dove, tirando delle cordicine, facevano scendere Gesù Bambino nella grotta. Tra l’altro, per rendere più realistica la scena, mia nonna cuciva corredini minuscoli che predisponeva nelle casette, come panni messi ad asciugare.

Il giorno della Vigilia di Natale si incominciava a mangiare alle sette, quando suonavano le campane della Chiesa. I piatti tipici erano gli spaghetti con le alici, il baccalà fritto e le anguille con la verdura. I più piccoli mettevano sotto il piatto del primo del papà una letterina con una poesia preparata a scuola. Così, tra il primo e il secondo, recitavano la poesia e alla fine ricevevano come regalo un’offerta. Invece, per il giorno di Natale si uccideva un maiale con cui facevano la salsiccia, per gustarla a pranzo.

Nel periodo natalizio era rarissimo trovare un panettone. Ma le mamme preparavano i crustl e i caucuncidd, molto apprezzati dalle famiglie. Come diceva il detto “l’Epifania tutte le feste porta via”. In questa giornata, era usanza disfare l’albero e il presepe. Tra l’altro, si organizzava un’estrazione. Infatti, si preparavano dei dolci, che venivano poi impacchettati e numerati. Ma, oltre ai numeri dei pacchi, c’erano anche altri numeri, che corrispondevano a pegni o battute. Molte tradizioni, tra quelle elencate sopra, sono tuttora ancora vive. (Nazario Saccia)

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