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03/10/2008

Peschici Kalena / I MARTUCCI COME I MALAVOGLIA. ATTACCATI ALL'ABBAZIA E AGLI AFFARI

 E' stato il mero interesse personale ed economico a guidare le scelte dei quattro fratelli Martucci nella lunga trattativa portata avanti con la giunta peschiciana del sindaco Vecera. Trattativa estenuante e densa di contrasti, che si è conclusa nella prima serata dello scorso lunedì, con una netta vittoria dei Martucci, i quali vedranno (se tutto andrà per il verso giusto) la piena
restaurazione del loro sito monumentale non sborsando neanche un euro. Concedendo, in cambio, ai parroci di celebrare ed ai fedeli di pregare, nelle due chiese di loro proprietà, per soli quarant'anni. Trascorsi i quali, la preziosa abbazia tornerà nella mani dei loro figli e nipoti. Non
hanno fatto sconti alla fede, alla memoria collettiva ed alla storia di Peschici, dunque, i quattro fratelli proprietari. Non hanno ascoltato l'invito del vescovo monsignor d'Ambrosio, che chiedeva loro di donare al culto le due chiese. Sono stati sordi alla giunta che, negli anni scorsi, li ha più
volte convocati, al fine di trovare un accordo che accelerasse la rimessa in sesto dell'antichissimo cenobio benedettino, per un restauro che giovasse alla memoria collettiva ed all'economia turistica. Hanno atteso il momento migliore alla contrattazione, quello a ridosso della scadenza, ed hanno
negoziato. Esclusivamente a loro favore. Proprio come se l'oggetto in questione fosse un bene qualunque, chessò un box o una partita di grano. E non un monumento dell'872 dopo Cristo, caro a tutte le anime pie colte e nostalgiche del loro paese. Un monumento che nelle loro mani è divenuto
semplice robba a cui stare attaccati, come nella migliore tradizione del verismo italiano. La robba che protegge, tutela, garantisce prestigio e rispetto, visibilità e reverenza Nelle strade ed alla messa, nell'Ottocento come nel Duemila. Senza che alcun sapere o civiltà illuminista abbia mutato
anche sola una virgola. Il monumento racconta una storia di cui il paese va fiera, ma probabilmente lascia indifferenti i Martucci i quali, guardandolo, altro non scorgono se non la loro nuda e fruttuosa proprietà, la robba loro appunto. Privata. Avulsa dal contesto cittadino e strappata, in caso di convenienza, anche alla sua funzione religiosa. Ne è testimonianza il tentativo, avvenuto negli anni scorsi, di trasformare l'abbazia in un ostello della gioventù, in cui le chiese modificavano la loro funzione d'uso. Non più luogo per la meditazione e la preghiera ma hall accoglienti per turisti paganti. Un progetto approvato e non finanziato e che proprio per questo particolare non venne mai portato avanti dalla famiglia. Oggi tutti salutano con favore il raggiunto accordo, tutti sperano che la strada per i finanziamenti, che ammonteranno a due milioni e mezzo di euro, sia sgombra da nubi. Vincenzo, classe 48, Francesco, classe 51, e le sorelle Maria ed
Annalisa, nate a metà degli anni cinquanta, hanno una memoria del tutto privata delle tradizioni dell'8 settembre. Una memoria la cui percezione è del tutto separata da quella dei loro coetanei e delle generazioni che hanno fatto seguito alla loro. "Quella giornata festiva era per loro l'occasione
giusta per ostentare la loro posizione di padroni", dicono i peschiciani. "Tutti gli si facevano intorno e facevano la fila per salutarli e farsi vedere. E loro stavano lì, estremamente compiaciuti". Erano i padroni. Va bene. Lo sono ancora. Prima della contesa con il Comune, i peschiciani li
accettavano e li salutavano volentieri quando, nel periodo estivo, li vedevano passeggiare per le strade del paese. In particolare, era Francesco, ingegnere e proprietario dell'agriturismo Le More a mostrarsi più spesso. Bell'uomo, capelli rasati a zero, sapeva bene di essere una figura di spicco
nella vita della sua comunità, tanto da arrivare a candidarsi in una lista repubblicana. Sicuro della forza del proprio nome e della sua storia. Ma la sua storia, come abbiamo detto, non è la stessa dei peschiciani, che difatti non lo hanno votato. Ed oggi, con la vittoria sul Comune, la sua pelata, un
tempo accettata, è divenuta quanto mai impopolare. "I Martucci sono la rovina di Peschici", urlava una scritta comparsa su un garage del paese lo scorso anno. Scritta che i quattro facoltosi fratelli, pur vivendo a Foggia, hanno fatto cancellare in un battibaleno. La sorella Maria è amante dell'architettura, anche se i suoi studi in questo campo non sono stati portati a termine. Tempo fa scrisse pure un articolo su insediamenti benedettini in Puglia, alfine di sollecitare il restauro della sua proprietà, dal momento che, già allora, non aveva alcuna intenzione di pagare di tasca propria. E per la stesura appaltò pure una docente della sua stessa facoltà, la stimata Adriana Pepe. E' Maria, forse, quella più distante dalla realtà garganica dal momento che vive a Roma. Sebbene le sue puntatine in Capitanata siano molto frequenti. Insieme a sua sorella Anna Lisa è stata la figura meno presente nella trattativa per il restauro dell'abbazia. Ma in paese dicono siano le donne quelle che, seppur apparentemente defilate, abbiano creato maggiori ostacoli. Il primogenito, Vincenzo, dicono essere quello più buono e sensibile alle tematiche ambientaliste e di salvaguardia dei beni storici. Forse a causa della sua vicinanza ad Italia Nostra. "In questo tempo è stato lui a tenere aperto il dialogo con le istituzioni", sostengono i peschiciani. "Ma alla sua apertura faceva sempre seguito il no secco di Francesco, Annalisa e Maria". Un no che i due milioni e mezzo concessi
(forse) per la ristrutturazione hanno fatto vacillare.
Modesta Raimondi (“l'Attacco “ – 01/10/2008)

 
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