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  LETTERA AL GIORNALE ......

 

09/10/2011

FACCIAMO “CRESCERE” LA GRAMMATICA PESCHICIANA

 


Da Paolo Labombarda, autore fra le altre opere di “Venti di grecale-Peschici Anni ’40”, riceviamo e pubblichiamo.


“Caro Direttore, ti è capitato di fare riferimento a me come di «na capatòstë» (‘Quando uno si mette in mente qualcosa…’, Punto di Stella marzo 2011) e di ribadire in pubblico che sono «un gran rompiscatole» (presentazione dei miei scritti al Centro Visite di Rodi Garganico, agosto 2011). Sono d’accordo. Come sarebbe stato altrimenti possibile portare a termine «‘A Ġrammàtëka Pëskëciànë»?

“Tu sai:
- quando ho scritto il romanzo «Venti di grecale-Peschici anni ’40» e il racconto «La grotticella» ambientato nel Santuario ‘d’a Madònn’Urìtë’, ho sentito la necessità di esprimere qualche frase in dialetto peschiciano. Cercando dei riferimenti che mi indicassero la maniera di rappresentare per iscritto quelle frasi, ho trovato scritti di alcuni autori in peschiciano, alcuni densi di contenuto, emozionanti, tutti esposti con rappresentazione propria dell’autore, senza riferimento alcuno né a alfabeto codificato né a regole grammaticali. E m’è venuta voglia di tentare di buttar giù la grammatica peschiciana;
- quando m’è preso quest’attacco, m’è sembrato logico tentare di coinvolgere sull’obiettivo le istituzioni locali e i personaggi doc della cultura locale, e ho condiviso con alcuni l’iniziativa culturale «Accademia del Trabucco»;
- quando s’è trattato di mettere nero su bianco, ho chiesto la collaborazione di tutti, ché mi sarebbe parso significativo realizzare un lavoro di gruppo, e ho ottenuto la collaborazione continua (e appassionata) del solo Rocco (Tedeschi; ndr), e la collaborazione saltuaria di qualcun altro.

“«‘A Ġrammàtëka Pëskëciànë» ‘mò’ esiste!

“Tu credo non sai che «‘A Ġrammàtëka Pëskëciànë»:
- ha riscontrato l’apprezzamento di notabili di Vieste, Rodi Garganico, Vico del Gargano;
- è in corso di verifica da parte di dialettologi delle Università di Bari, del Molise, di Roma;
- non ha sollevato dibattito alcuno o commento alcuno fra le istituzioni e i rappresentanti della cultura di Peschici.

“Questa è storia. Che ognuno può interpretare come ritiene.

“Mi rivolgo adesso a te, Direttore, perché credo di riconoscere, da rompiscatole ‘capatòstë’, la sensibilità del tuo intelletto. Tu fra l’altro hai scritto: «Il peschiciano è la nostra lingua, attraverso la quale esprimiamo i nostri pensieri, i nostri sentimenti, i nostri stati d’animo. E’ il mezzo che ci unisce nel confronto, nel dialogo, nello scambio di idee ... Il dialetto inteso come lingua è il mezzo che identifica tutto: soprannomi, rioni, località. Il dialetto dà nuova forma alle parole, riesce a rendere l’idea prima ancora di ridurla in termini precisi, a volte armonizza e a volte indurisce. Il dialetto è l’espressione di un popolo, è come un abito fatto su misura, è come una spugna che assorbe fatti, episodi, luoghi, persone e ne restituisce fatti, episodi, luoghi, persone con profili e identità precise, ma soprattutto con un’anima e, nel nostro caso, con la nostra anima peschiciana».

“Io sono convinto, come te, che il dialetto sia il testimone principe dell’anima di una popolazione. E avrei un obiettivo: diffondere «‘A Ġrammàtëka Pëskëciànë» fra i giovani peschiciani perché ne facciano uno strumento della loro identità, perché la facciano loro, la verifichino, la modifichino, ne propongano una nuova edizione tutta loro.

“Mi dai una mano?”

Paolo Labombarda

 
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