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10/04/2008

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LA SCOMPARSA DEL REGISTA CHE IMMORTALO” IL GARGANO DEGLI ANNI CINQUANTA

Clicca per Ingrandire Colpito dal maccartismo all'apice della sua creatività, crudo testimone di una società violenta, passato a ricreare il noir in Francia, Jules Dassin scoprì con Melina Mercouri una seconda patria, la Grecia, tra la lotta ai colonnelli e la scoperta di una cultura. I suoi film: i noir americani «Forza bruta», «La città nuda», «I trafficanti della notte», i francesi «Rififi», «La legge», la Grecia di «Mai di domenica», «Fedra», l'humour di «Topkapi».
Nato negli Usa, stato del Connecticut, figlio di un barbiere ebreo emigrato dalla Russia, muove i suoi primi passi in un teatro yiddish. Partecipa come aiuto regista al film di Alfred Hitchcock "Il signore e la signora Smith" e conquista la scena internazionale con "Forza bruta" interpretato da Burt Lancaster. L'attenzione sociale ai temi della detenzione e del carcere e il rifiuto di ogni strumento repressivo portano il suo nome sulla lista nera di Hollywood e, in seguito alle discriminazioni maccartiste degli anni Cinquanta in cui erano rimasti vittime negli USA i cineasti sospettati di simpatie comuniste, è costretto a emigrare in Europa. Vive in Inghilterra dove realizza "I trafficanti della notte" con Richard Widmark e in Francia fino al '59, quando sceglierà di vivere in Grecia insieme all'attrice Melina Mercouri che diventerà sua moglie. Con lei girerà a Carpino, nello stesso anno, "La legge", che vede protagonisti Gina Lollobrigida (nella foto di Federico Patellani del titolo) e Marcello Mastroianni e l'anno seguente vincerà il festival di Cannes con "Mai di domenica".
Dopo la morte della moglie nel 1994 Dassin aveva ricevuto la cittadinanza greca a titolo onorario grazie alla sua battaglia ingaggiata per la restituzione alla Grecia dei fregi del Partenone esposti al British Museum di Londra.
LA GENESI DEL FILM “LA LEGGE” - Nel giugno 1956, uno scrittore in piena crisi ideologica trascorreva le sue vacanze nel Gargano, cercando la solitudine e la pace; nel giugno 1957, un romanzo di ambiente italiano "La Loi" compariva nelle librerie parigine; nel giugno 1958, Jule Dassin dava il primo giro di manovella al film che era stato tratto dal libro. Interpreti del film sono Gina Lollobrigida, Pierre Brasseur, Marcello Mastroianni, Melina Mercouri, Yves Montand e Paolo Stoppa. La legge, cui si richiama il titolo, è quella vigente in un paesino meridionale, e consiste in un gioco nel quale chi perde deve sottostare a una serie di umiliazioni da parte del vincente. È la stessa legge che impera in un paese nel quale a farla da padrone è un signorotto con i suoi accoliti. Il film, frutto di una co-produzione franco-italiana secondo una prassi corrente negli anni Cinquanta, fu girato da Jules Dassin sul Gargano prima di sistemarsi definitivamente in Grecia. Il paese immaginario di Porto Manacore dove si svolgono i fatti narrati nel film è in realtà Peschici, mentre Carpino è la location in cui il film fu girato. = Ed ora la CRONACA di quei giorni stilata da LUCIANO PERUGIA. = «CARPINO, IL ROSOLIO, IL PORTALE DELLA CHIESA, IL VESPASIANO E UNA TROUPE». “Strano, ma le fatiche dell'organizzazione, a film finito, assumono, nella retrospettiva del ricordo, un tono clairiano, come se quell'entità composita e pittoresca che è la troupe si muovesse al ritmo accelerato di 16 fotogrammi al secondo. Gli esterni nel Gargano, per esempio. Arrivammo a Carpino per caso, Dassin ed io, durante il primo sopralluogo in Puglia: la piazza, movimentata e un pò squallida, senza nessuna civetteria, era piaciuta a Dassin. Per lo più, la disponibilità delle case e la loro abitabilità da parte dei personaggi corrispondeva alle esigenze del copione, anche se alcuni ritocchi architettonici erano necessari. Tutto perfetto, tutto a posto. A questo punto, invece, la produzione si trova ad una specie di anno zero. “Complesso abitazione del giudice, del commissario, commissariato e prigioni”: occorreva parlamentare con gli inquilini di tutto lo stabile, soprattutto con quelli del primo piano, che dovevano prestarci una camera e permettere che le bocche di lupo della prigione levassero ogni luce al resto dell'appartamento. Si trattava di due vecchie signorine che da quindici anni non erano più uscite di casa. Non avevano mai visto un film e il loro drastico isolamento dal mondo era interrotto soltanto dalle visite del parroco. Come io sia riuscito a convincerle non so ancora. Ricordo il loro salotto buono, invaso da pizzi e fiori finti, consolle e abatjours, cuscini 1926 dipinti a Pierrot inespressivi, falsi arazzi con le vedute del Vesuvio, un rosolio densissimo e sciropposo, ed io, che continuavo a parlare, sicuro che le due figurette nero-vestite e silenti non comprendessero neppure una parola. Non dissero niente. Avevano capito? Potenza del cinema: avevano capito. Mi mandarono il parroco: rifiutavano i compensi, ma volevano che il cinematografo - eravamo noi - si adoperasse "per il bene della chiesa". In breve, che ne restaurassimo il portale. Oggi il portale della cattedrale di Carpino ha ritrovato l'eleganza delle sue decorazioni barocco minore, opera paziente degli operai della troupe. Si rimetteva a nuovo il portale, e si costruivano le bocche di lupo e l'ascensore per il primo carrello de “La legge”. Non potevo attraversare la piazza senza che le due vecchiette, ormai con la coscienza esultante, non mi mandassero a chiamare per offrirmi il rosolio. Occorrevano due caffè e un sigaro toscano per togliermene il gusto dolciastro dalla bocca: ma loro erano convinte di aver trovato un intenditore. Arriva uno degli architetti, Pasquale Romano. Ignaro, si reca subito dalle due anziane signorine. E queste, impacciate, lo ricevettero nell'unico cerimoniale che conoscevano: ossequiosi baciamani segni di croce e rosolio a volontà. Romano, allibito, fortunatamente tacque. Ma il peggio doveva ancora venire. Si doveva arredare il commissariato: "Questa è la stanza - gli dissero le due vecchiette - faccia tutto quello che vuole. Ma il letto dove è morta nostra madre, quello non si può ne toccare ne spostare". Il letto in questione - una specie di Moby Dick dei letti matrimoniali dell'ottocento in ferro battuto - era piazzato esattamente davanti alla finestra, e nessuna angolazione avrebbe potuto evitarlo. Un letto dentro un commissariato! Romano tacque anche di fronte a questa angelica imposizione. Il solido archivio che occupa buona parte del commissariato non induca gli spettatori a pensare ad una iper-attività criminosa delle genti del luogo: fu l'unica - e aggiungo anche ottima - soluzione per coprire il letto tabù, intoccabile come un paria indiano.
Quindici anni di segregazione sono molti, anche se dedicati ad un intensa fabbricazione di rosolio. Non passarono due mesi, e le anziane signorine persero l'abitudine al silenzio e all'isolamento: operai sempre per casa, rumore, confusione, due finestre tappate per mesi, tutto questo giovò loro in maniera inaspettata. Una sera - ma già erano iniziate le riprese - le incontrai in piazza, tutte allegre e alle prese con due coni di gelati.
La gente ha una strana idea del cinema e del suo miracolismo economico. Oltre tutto la storia del portale fece colpo, e si diffuse ai quattro venti. Un giorno mi si pararono davanti tre assessori di un comune che non nominerò. Il termometro segnava 40° gradi all'ombra, ma i tre erano correttamente vestiti di scurissimi e pesantissimi panni di circostanza. Motivo della visita: il bilancio del loro comune era in deficit, quindi eravamo invitati a risanarlo. Tanto per noi, a sentir loro, cinque milioni erano una bazzecola. Se ne andarono via offesi. Fenomeno di ingenuità, non lo nego.
Ma il caso si ripetè quasi identico per la faccenda del vespasiano.
Chi ha pratica dei piccoli centri di provincia, sa cosa conti l'orgogliosa esibizione di un semaforo. Inutile, puramente decorativo, il semaforo sta ad indicare una specie di maggiorità cittadina. Nel Gargano, come ebbi a scoprire, i semafori erano sostituiti in questa funzione simbolica dai vespasiani. E Carpino non ne aveva neppure uno. Da anni gli abitanti si rodevano il fegato, pensando a quelli di Rodi o di Sannicandro o di San Severo. Lo spirito di campanile suggerì loro una grande trovata. Vennero da noi, seri, compunti, cerimoniosi. Avevano preparato tutto: preventivi, disegni, progetti per un impianto a quattro posti, il loro ideale, a tre e, alla peggio, anche a due. Noi dovevamo sovvenzionare l'iniziativa; loro in cambio avrebbero aggiunto una enorme lapide, a grandezza di monumento, con gli imperituri grazie della popolazione a Dassin, a Brasseur, a Mastroianni, a Montand, a Stoppa e a me. I nomi femminili erano stati esclusi per un comprensivo delicatissimo senso del pudore.
Ho accennato a questi episodi tra i tanti, perchè mi sembra rivelino il clima che circonda il nostro lavoro: un clima mitico, che non facilitava certo le cose. E le difficoltà erano molte, ma accresciute e sensibilizzate da mille ostacoli, piccoli e grandi.
Era come se non girassimo a 400 km da Roma ma a 4mila, urtando di continuo contro la mentalità chiusa e diffidente, ed usi e costumi di mezzo secolo prima. Per la sequenza del ballo, ci rivolgemmo alle ragazze che, immobili, restavano per ore ad osservare con sconfinata ammirazione Gina Lollobrigida. Eravamo sicuri di chiamarle a nozze. Rifiutarono: si sarebbero compromesse a ballare in pubblico con sconosciuti. Una di loro, la più vivace, ci offrì il destro per aggirare il problema : "Vengo se il ballerino è mio fratello". Fratelli, cugini, zii e perfino genitori funsero quella sera da cavalieri. Per la stessa sequenza, ci rivolgemmo ai notabili del luogo. Ci risposero con un no collettivo. Non si sarebbero mescolati con la plebe. Più tardi, attraverso messi di fiducia, ci mandarono ad avvertire che avrebbero acconsentito ma ad un patto: paga doppia, e che la cosa fosse risaputa. Insomma, volevano mantenere le distanze, e come far capire a certa gente che i generici sono generici e le comparse sono comparse ai fini della ricompensa? Ne andava del loro onore. Alla fine, partendo da Carpino, andai a salutare le due vecchie signorine e mi rassegnai all'ultimo rosolio. Mi parve che se lo meritassero perchè, in fondo, avevano rivelato uno spirito di collaborazione esemplare.” = ANTONIO BASILE = http://www.carpinofolkfestival.com
http://carpinofolkfestival.splinder.com

 Associazione Culturale CARPINO FOLK FESTIVAL-Uff.stampa

 

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